Perché la vitamina D è utile al sistema immunitario

La vitamina D sembra proprio essere un importante alleato del sistema immunitario: assicurarsene livelli adeguati, può aiutare a proteggersi durante i mesi freddi.

Non solo vitamina C e zinco. Quando è in gioco la buona funzionalità del sistema immunitario, i micronutrienti essenziali, tra vitamine e minerali, che devono essere costantemente forniti all’organismo sono molti di più e tutti, a vario titolo, indispensabili.

Le ricerche condotte negli ultimi anni hanno indicato che, tra le sostanze che aiutano a proteggersi dalle malattie infettive e a modulare opportunamente la risposta immunitaria, la vitamina D svolge un ruolo chiave: si tratta di un composto noto principalmente per il suo ruolo nella regolazione del metabolismo osseo, ma in realtà è implicato in innumerevoli processi fisiologici fondamentali, spesso insospettabili per i non addetti ai lavori e, in molti casi, ancora non completamente compresi neppure da medici e ricercatori.

l sistema immunitario e le vitamine

Decenni di studi hanno dimostrato che un adeguato apporto di vitamine e minerali è necessario per supportare sia la risposta immunitaria innata (presente fin dalla nascita e costituita da vere e proprie “barriere”, come la pelle e le mucose, da secrezioni protettive come l’acido gastrico e il muco bronchiale, da cellule immunitarie di vario tipo come monociti, macrofagi, neutrofili e altri globuli bianchi), sia quella “adattativa” o “acquisita” (che si sviluppa nel tempo e vede tra i protagonisti essenzialmente i linfociti B, ovvero le cellule del sistema immunitario deputate alla produzione di anticorpi, e i linfociti T).

I micronutrienti per i quali, fino a oggi, sono state raccolte le maggiori evidenze a favore di un’attività di supporto ai sistemi di difesa dell’organismo sono la vitamina D, le vitamine antiossidanti C, A ed E, alcune vitamine del gruppo B (in particolare, l’acido folico, la B6 e la B12), il ferro, il selenio, il rame e lo zinco.

Importanza della vitamina D nel sistema immunitario

Ormai da alcuni anni la medicina ha scoperto che la vitamina D partecipa a numerosi processi chiave dell’organismo, tra cui il più noto è il metabolismo del calcio e del fosfato. La vitamina D è infatti fondamentale per il raggiungimento e il mantenimento di un’adeguata massa ossea e per la prevenzione del rachitismo nei bambini e dell’osteoporosi, delle fratture e dei dolori ossei che ne conseguono negli adulti.

Per esempio, deficit di vitamina D sono risultati associati a un maggior rischio di malattie cardiovascolari e diabete, di alcuni tipi di tumore (come il cancro del colon, quello del seno nelle donne e quello della prostata negli uomini), di disturbi dell’umore (in particolare, la depressione) e del declino cognitivo in età avanzata.

Un ulteriore ruolo favorevole della vitamina D, scientificamente riconosciuto soltanto di recente, ma in realtà sfruttato da decenni in modo inconsapevole in medicina respiratoria, riguarda la capacità di questo composto di modulare l’attività del sistema immunitario:

- promuovendola, quando è necessario contrastare le infezioni

- attenuandola, quando è eccessiva e da luogo a malattie infiammatorie croniche o autoimmuni.

La conferma che la vitamina D può esercitare queste attività immunoregolatoria è venuta dal riscontro della presenza di recettori in grado di legare il suo metabolita 1,25(OH)2D su numerose cellule del sistema immunitario, come monociti, macrofagi e cellule del timo (piccolo organo presente al centro del torace nel quale avviene la maturazione dei linfociti T).

Inoltre, è stato scoperto che il 1,25(OH)2D è in grado di stimolare la produzione di potenti composti antimicrobici da parte sia di alcune cellule del sistema immunitario, sia delle cellule dell’epitelio di rivestimento delle vie respiratorie, giocando così un’azione di prevenzione delle infezioni di naso, gola, bronchi e polmoni.

Questi riscontri hanno permesso di spiegare, da un lato, perché i bambini con deficit di vitamina D sono maggiormente predisposti alle infezioni respiratorie e, dall’altro, perché l’esposizione ai raggi Uv B e la somministrazione di olio di fegato di merluzzo (due ottime fonti di vitamina D3) sono in grado di ridurre l’incidenza di raffreddore e influenza, nonché di favorire la guarigione dalla tubercolosi batterica.

Fonti di vitamina D

La principale fonte naturale che permette di ottenere quantità adeguate di vitamina D è la biosintesi da parte della pelle esposta alla luce solare (raggi Uv B), possibile soltanto in alcuni periodi dell’anno e a determinate latitudini. L’inquinamento, l’abbigliamento e l’utilizzo di filtri solari possono interferire riducendo o bloccando la sintesi di questa vitamina.

L’alimentazione rappresenta in misura minore una fonte di vitamina D e sono pochi gli alimenti che la contengono in quantità apprezzabile. Si tratta essenzialmente di cibi di origine animale, tendenzialmente ricchi di lipidi, come i pesci grassi (salmone, aringhe, sgombro, tonno ecc.) e l’olio di fegato di merluzzo (tradizionale rimedio contro il rachitismo), il fegato di manzo o maiale, le uova e il formaggio. Anche alcuni funghi coltivati sotto una luce contenente un’elevata quota di raggi Uv B possono contenere quantità apprezzabili di questa vitamina.

Contrariamente a quanto molti pensano, invece, il latte contiene poca vitamina D (a meno che non sia specificamente arricchito) e la perde quasi tutta se viene trattato ad alta temperatura (UHT) per prolungarne la conservazione oppure bollito prima di essere bevuto (la vitamina D è termolabile e viene distrutta dal calore). Quindi, per integrare la dieta, meglio consumare latte fresco, addizionato di vitamina D e calcio, a temperatura ambiente o tiepido.

Carenza di vitamina D

Nonostante la sua importanza universalmente riconosciuta per la salute dell’organismo e i benefici che può apportare a più livelli e in tutte le fasi della vita, situazioni di insufficienza, deficienza e carenza di vitamina D continuano a essere ampiamente diffuse a livello globale, anche in Paesi caratterizzati da buoni standard di nutrizione generale come l’Europa occidentale (Italia compresa) e gli Stati Uniti.

Ciò espone un’ampia quota di adulti e bambini a una serie di disfunzioni e malattie che potrebbero essere facilmente evitate attraverso la combinazione di una congrua esposizione al sole, una dieta più ricca di alimenti contenenti quantità apprezzabili di vitamina D e l’assunzione di integratori mirati (il cui dosaggio deve essere stabilito in base al fabbisogno individuale), che risultano spesso indispensabili, soprattutto in età pediatrica e negli anziani .

Per sapere se la quantità di vitamina D di cui si dispone è adeguata, si deve misurare il livello nel sangue di uno dei suoi metaboliti: il 25(OH)D. Benché non vi sia un completo accordo sui valori ideali da considerare, attualmente si ritengono validi i seguenti intervalli di riferimento:


Concentrazione ematica di 25(OH)D
Sufficienza > 30 ng/ml
Insufficienza 21-29 ng/ml
Carenza < 20 ng/ml


A essere esposti a un aumentato rischio di sviluppare insufficienza o carenza di vitamina D sono:

- gli anziani, soprattutto se residenti in strutture di lunga degenza;

- le persone con cute scura (che produce vitamina D con minore efficienza quando esposta al sole);

- le persone che non trascorrono abbastanza tempo all’aria aperta;

- le persone affette da malattie gastrointestinali o metaboliche (che interferiscono con l’assorbimento o il metabolismo della vitamina D)

- i bambini e gli adulti obesi o in forte sovrappeso (perché la vitamina D viene “sequestrata” dal grasso corporeo);

- le persone in terapia con farmaci che alterano l’assorbimento intestinale o il metabolismo della vitamina D.

Bassi livelli di vitamina D sono più frequenti e probabili nei mesi autunnali e invernali, ossia quando i microrganismi responsabili delle malattie da raffreddamento sono più diffusi e aggressivi. Ricorrere ad alimenti arricchiti di vitamina D e/o a supplementi tra l’autunno e l’inizio della primavera può essere, dunque, particolarmente utile.

Rosanna Feroldi
Rosanna Feroldi
Da adolescente le avevano detto di fare il liceo classico e ha scelto lo scientifico. Alla maturità, le hanno detto di iscriversi Lettere e Filosofia e ha puntato su Biologia. Dopo laurea e tirocinio, al dottorato in elettrofisiologia ha preferito un corso di comunicazione e giornalismo scientifico della Facoltà di Farmacia - Università Statale di Milano. Insomma, non è il tipo che si lascia convincere facilmente. Da lì, è iniziato, più per gioco che per scelta, un percorso professionale che continua con soddisfazione da quasi vent'anni, passando da attività di consulente per la comunicazione su salute e stili di vita sani per il Progetto Città sane - Comune di Milano alla proficua collaborazione con la Fondazione San Raffaele di Milano, dove per 13 anni si è occupata di realizzare il magazine dell'Ospedale San Raffaele destinato ai pazienti e materiale divulgativo distribuito nell'ambito di campagne di sensibilizzazione, nonché di supportare l'attività di ufficio stampa. Contemporaneamente, entusiasta, mai stanca ed esagerando anche un po', ha interagito con numerose realtà editoriali come giornalista scientifica e medical writer, realizzando contenuti per riviste dirette al pubblico, ai medici e ai farmacisti. Il sopravvento del web ha cambiato molte cose, ma non l'ha indotta a desistere. Così, eccola ora alle prese prevalentemente con progetti editoriali online e attività di comunicazione/reportistica medico-scientifica nelle aree cliniche più disparate. A volte, si chiede come abbia fatto, altre come continuerà. The show must go on.

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