Che cosa sono
Si definiscono ansiolitici tutti quei farmaci con effetti calmanti e distensivi sul sistema nervoso centrale, utilizzati nel trattamento dei disturbi d'ansia e dei problemi somatici a questi associati (insonnia, tachicardia, eccessiva sudorazione, tensione muscolare e mentale ecc.).
Come le altre sostanze generalmente utilizzate in psichiatria, gli ansiolitici sono definiti "psicofarmaci" perché la loro azione prioritaria si esplica a livello cerebrale (attraverso la modulazione dell'attività di aree e circuiti nervosi ben definiti), determinando effetti clinici primariamente a livello psicoemotivo e comportamentale.
Si tratta di medicinali ampiamente utilizzati in tutto il mondo, ben collaudati da decenni di impiego su milioni di persone, e generalmente ritenuti efficaci e sicuri, quando assunti dietro prescrizione medica e monitorati da un professionista sanitario abilitato (medico di famiglia, psichiatra ecc.).
Non di rado, purtroppo, gli ansiolitici sono oggetto di uso improprio, venendo utilizzati in contesti in cui non trovano specifica indicazione o da persone in cui potrebbero essere controindicati, in dose eccessiva o per periodi troppo prolungati, esponendo al rischio di effetti collaterali e/o interazioni sfavorevoli con altri farmaci o sostanze d'abuso (droghe e alcol) eventualmente assunti. Un comportamento che va assolutamente evitato.
Vediamo come agisce un ansiolitico, nel contesto di quali terapie viene prescritto, quali conseguenze può avere sulla tensione psicologica e sulla qualità della vita di chi lo assume e perché è importante rispettare le indicazioni del medico su dosaggio, tempi e modalità di impiego.
Come agiscono
Esistono diverse categorie di farmaci dotati di un effetto ansiolitico che esercitano attraverso meccanismi di azione differenti. In generale, tutti agiscono influenzando l'attività elettrica di alcune aree cerebrali – quelle implicate nell'origine dell'ansia, della depressione e dei disturbi del sonno – ma esplicano il proprio effetto modulando l'azione di neurotrasmettitori diversi.
Quali sono
Le principali classi di farmaci ansiolitici sono:
- benzodiazepine
- GABAergici non-benzodiazepinici
- azapironi
- antidepressivi SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina).
I principi attivi appartenenti ai primi due gruppi (benzodiazepine, GABAergici non-benzodiazepinici) agiscono tutti, sia pure in modo leggermente diversificato, legandosi ai recettori dell'acido gamma-amminobutirrico (GABA) - un neurotrasmettitore che ha la funzione di abbassare il livello di attività delle cellule nervose - potenziandone l'azione inibitoria.
Le sostanze appartenenti agli altri due gruppi (azapironi e antidepressivi SSRI) interferiscono con un altro sistema di neurotrasmettitori: quello della serotonina.
Una citazione a parte meritano i barbiturici, composti molto usati in passato come sedativi e ipnotici che, vista la loro scarsa sicurezza sono stati sostituiti, a partire dagli anni Sessanta, dalle benzodiazepine. Attualmente i barbiturici sono usati soltanto come antiepilettici e anestetici, mentre non è generalmente prevista la loro somministrazione nei pazienti interessati da disturbi d'ansia.
Chi cura che cosa
Ogni classe di farmaci ansiolitici ha diversi impieghi, qui riportati sinteticamente e di seguito illustrati in dettaglio.
Benzodiazepine | Riduzione dell'ansia e induzione del sonno | Utili per controllare l'ansia acuta e per contrastare l'insonnia, preferibilmente per brevi periodi |
GABAergici non benzodiazepinici | Induzione/regolazione del sonno | Utili per favorire l'addormentamento e per contrastare l'insonnia associata all'ansia |
Azapironi | Effetto ansiolitico e antidepressivo | Utili per controllare l'ansia specie se associata a manifestazioni depressive |
Antidepressivi SSRI | Effetto antidepressivo e sedativo | Utili per controllare l'ansia specie se associata a manifestazioni depressive |
Benzodiazepine. È la classe di farmaci ansiolitici tuttora di più largo impiego nel trattamento dell'ansia, soprattutto nella fase acuta/iniziale od occasionale, ma anche a medio-lungo termine. Oltre che nei disturbi d'ansia e contro l'insonnia, vengono utilizzate:
- in persone affette da disturbo da attacchi di panico o disturbo ossessivo-compulsivo
- quando è necessaria una sedazione temporanea per facilitare una procedura medica
- a scopo miorilassante negli spasmi muscolari.
Le numerose molecole appartenenti a questo gruppo esplicano i loro due principali effetti terapeutici – riduzione dell'ansia e induzione del sonno – in proporzione un po' diversa a seconda dell'attività specifica sui recettori del GABA e della durata di azione. Pertanto, alcune benzodiazepine sono più efficaci nell'attenuare l'ansia e i relativi sintomi fisici, mentre altre sono più indicate per il trattamento farmacologico dei disturbi del sonno.
Le benzodiazepine presentano l'inconveniente di indurre assuefazione, con conseguente graduale perdita di efficacia dopo alcune settimane di impiego e necessità di aumentare il dosaggio per ottenere lo stesso effetto terapeutico (ma con maggiori effetti collaterali). Questa tolleranza nei confronti dell'azione farmacologica tende a indurre dipendenza fisica: per questa ragione, in genere, i trattamenti con gli ansiolitici di questa classe sono preferibilmente di breve durata, intermittenti o "al bisogno" (se il bisogno non è troppo frequente o protratto).
GABAergici non benzodiazepinici. I farmaci appartenenti a questo gruppo, che comprende diverse categorie di molecole di recente introduzione in medicina (ciclopirroloni, imidazopiridine, pirazolopirimidine), sono particolarmente adatti come induttori/regolatori del sonno, in quanto relativamente a questa attività presentano il vantaggio, rispetto alle benzodiazepine, di non provocare assuefazione (risultando, quindi, anche associati a un minor rischio di abuso).
Azapironi. Di questa classe, in Italia, è al momento in commercio un'unica molecola, il buspirone, dotata di effetti sia ansiolitici sia antidepressivi. Come ansiolitico, il buspirone raggiunge la propria efficacia in modo più graduale delle benzodiazepine (3-4 settimane): per questa ragione, è un farmaco meno indicato nei casi che necessitano di un effetto anti-ansia rapido, ma è più adatto nel trattamento a lungo termine e nei pazienti anziani (in quanto induce minore sonnolenza diurna e minore debolezza muscolare di altri ansiolitici).
Antidepressivi SSRI. I farmaci di questo gruppo possono unire alla loro azione principale antidepressiva anche un effetto sedativo, rivelatosi utile in particolari forme di ansia (disturbo ossessivo-compulsivo e disturbo da attacchi di panico) e nelle forme depressive con una forte componente ansiosa. In genere, per ottenere l'effetto ansiolitico è necessaria la somministrazione di dosaggi maggiori di quelli previsti nel trattamento della depressione, ma nella maggioranza dei pazienti la terapia con SSRI resta comunque ben tollerata.
Effetti collaterali
Messi da parte i barbiturici, gli effetti avversi più importanti li danno le benzodiazepine. I disturbi collaterali veri e propri sono, in genere, dovuti a un'accentuazione degli effetti terapeutici (eccessiva sedazione, sonnolenza diurna, debolezza muscolare, stordimento, confusione mentale e difficoltà di concentrazione, calo di pressione e vertigini).
Gli effetti collaterali delle benzodiazepine possono essere maggiori e meno prevedibili negli adolescenti e negli anziani: due fasce d'età nelle quali l'avvio del trattamento deve avvenire sotto stretto controllo medico e al minimo dosaggio, da incrementare gradualmente (se ben tollerato) fino a ottenere l'effetto clinico desiderato.
Anche se possono diventare gravi in caso di contemporanea assunzione di alcolici o di altri farmaci sedativi, questi effetti collaterali delle terapie con benzodiazepine sono controllabili modificando la dose del farmaco in uso o ricorrendo ad altre molecole dello stesso gruppo (dopo valutazione medica e opportuna revisione terapeutica).
Il problema maggiore è, però, rappresentato dalla tendenza delle benzodiazepine a provocare assuefazione, soprattutto nei confronti dell'azione ipnotica, e dipendenza fisica, consistente nella comparsa immediata di grave disagio psicologico e sintomi fisici alla sospensione del farmaco, che genera la sensazione di “non poterne più fare a meno”.
Per evitare i problemi tipici della "crisi d'astinenza" da benzodiazepine e il ritorno dell'ansia a livelli amplificati (rebound), quando si ritiene opportuno interrompere un trattamento in corso da alcune settimane consecutive è necessario pianificare insieme al medico la riduzione graduale del dosaggio assunto, fino a sospendere del tutto il farmaco. Generalmente, questa fase richiede un paio di settimane, ma il periodo può essere più prolungato se si stava assumendo una dose di benzodiazepine elevata.
Molto minori sono gli effetti collaterali sul piano cognitivo, della stanchezza mentale e della debolezza muscolare, così come il rischio di assuefazione e dipendenza fisica, associati all'impiego di ansiolitici GABAergici non benzodiazepinici e di buspirone.
Con gli antidepressivi SSRI, invece, all'inizio della terapia può verificarsi un peggioramento dei sintomi ansiosi o della difficoltà a prendere sonno. Ciò accade perché questi farmaci hanno un'azione "attivante", che li rende particolarmente efficaci contro le manifestazioni depressive, ma che può essere temporaneamente controproducente in chi è già "attivato" dai disturbi d'ansia. Per questa ragione, spesso, nelle prime settimane di terapia gli SSRI sono abbinati a una benzodiazepina, che viene poi sospesa quando l'effetto anti-ansia degli SSRI si è stabilizzato.
Gli SSRI devono essere usati con molta cautela negli adolescenti perché sintomi apparentemente riferibili a un disturbo d'ansia e l'insonnia associata potrebbero essere, in realtà, manifestazioni d'esordio di un disturbo bipolare non ancora diagnosticato, che verrebbe inevitabilmente peggiorato dal trattamento con antidepressivi. Per questa ragione, gli SSRI (così come ogni altro psicofarmaco), devono essere assunti dagli adolescenti soltanto dopo un'accurata valutazione psicologica/psichiatrica e rispettando con attenzione quanto prescritto dal medico.
In proposito, va ricordato che tutti gli ansiolitici sono farmaci per i quali è obbligatoria la prescrizione medica e che devono essere utilizzati soltanto sotto lo stretto controllo del medico curante. Ogni comportamento incauto o abuso espone al rischio non soltanto di andare incontro a effetti collaterali, ma anche di veder peggiorare anziché migliorare i disturbi d'ansia, complicandone notevolmente il trattamento successivo e il ripristino di una buona qualità della vita.
Rimedi naturali
Quando i disturbi d'ansia e/o l'insonnia sono lievi e non si vuole ricorrere subito a un trattamento farmacologico, si può provare a sfruttare in prima battuta le proprietà calmanti di alcune piante ed estratti vegetali, in uso da decenni nella tradizione popolare e in medicina naturale.
Tra i rimedi fitoterapici utili per contrastare ansia e insonnia (con efficacia variabile da persona a persona), si possono annoverare gli estratti di: passiflora (Passiflora incarnata), valeriana (Valeriana officinalis), escolzia (Eschscholtzia californica), melissa (Melissa officinalis). Il farmacista di fiducia potrà indicare i più adatti al singolo caso e le modalità di somministrazione corrette a seconda delle formulazioni (compresse, gocce, bustine o preparati per infusione).
L'assunzione di questi rimedi naturali sotto forma di tisane e infusi può essere particolarmente efficace se il momento della loro preparazione viene strutturato come una sorta di "rituale" nel quale, attraverso gesti semplici e lenti che interrompono la routine, si dedicano tempo e attenzioni a se stessi, ritagliandosi uno spazio di riflessione e relax. Un sottofondo musicale pacato e gradevole può ulteriormente facilitare l'allontanamento di pensieri negativi e tensione psicologica, amplificando l'effetto anti-ansia e calmante dei principi attivi vegetali.