- Un virus “al bacio”
- Diagnosi
- Da adulti è peggio
- Pochi farmaci, ma tanto riposo
- Raramente, anche qualche complicazione
Riconoscerla non è semplice, perché nella maggior parte dei casi viene scambiata per una banale influenza.
È stato stimato che in Europa e negli Stati Uniti quasi il 90% degli adulti presentano anticorpi contro il virus responsabile della mononucleosi. Ma solo una piccola percentuale sa di essere stato infettato: nella maggior parte dei casi questa malattia è infatti del tutto asintomatica o viene scambiata per un’influenza o un raffreddore.
Un virus “al bacio”
È chiamata comunemente “malattia del bacio”, perché il contagio avviene molto spesso attraverso la saliva.
In realtà il bacio è solo uno dei modi attraverso cui si può venire in contatto con il virus, che può essere trasmesso anche con un colpo di tosse oppure in modo indiretto, scambiandosi per esempio posate o bicchieri o, nel caso dei bambini, anche giocattoli.
A causarla è il virus di Epstein-Barr e il periodo di incubazione è variabile: di solito è più breve nei bambini, mentre negli adulti può arrivare anche ad alcune settimane (di solito da 4 a 6).
Diagnosi
Solitamente per giungere alla diagnosi di mononucleosi basta il riconoscimento di segni distintivi tra cui:
- la presenza di placche bianco-giallastre sulle tonsille
- il rigonfiamento a livello di milza e fegato.
Nei casi dubbi, inoltre, il medico potrebbe richiedere alcuni esami di laboratorio, tra cui il test del sangue per la ricerca di anticorpi contro il virus. Nella seguente tabella è descritto il profilo anticorpale in caso di
assenza di infezione o nelle sue diverse fasi (acuta, subacuta ecc.).
Gli anticorpi analizzati sono quelli contro l’antigene del capside
virale (anti-VCA, viral capsid antigen) e quelli contro l’antigene
nucleare del virus di Epstein-Barr (anti-EBNA, Epstein-Barr nuclear
antigen).
Anti-VCA IgM | Anti-VCA IgG | Anti-EBNA-1 IgG | |
---|---|---|---|
Assenza di infezione |
Negativo | Negativo | Negativo |
Infezione acuta primaria |
Positivo | Negativo/Positivo | Negativo |
Infezione subacuta |
Positivo | Positivo | Negativo |
Convalescenza | Negativo/Positivo | Positivo | Negativo/Positivo |
Infezione pregressa |
Negativo | Positivo | Positivo |
Da adulti è peggio
A esserne maggiormente colpiti sono i ragazzi fra i 15 e i 25 anni, ma anche bambini e adulti non sono esenti.
Se nei più piccoli però la malattia è quasi sempre asintomatica, negli adulti i sintomi possono essere più intensi e avere anche una durata maggiore: si va da febbre, mal di gola, mal di testa e malessere generale, fino all’ingrossamento dei linfonodi del collo, della milza e spesso anche del fegato, oltre a un senso di stanchezza e affaticamento che può persistere anche per diverse settimane.
Pochi farmaci, ma tanto riposo
Anche quando si manifestano i sintomi, la mononucleosi si risolve quasi sempre velocemente e senza la somministrazione di farmaci, eccetto gli antinfiammatori non steroidei (Fans) nel caso di febbre oltre i 38°C o di dolori muscolari.
Inoltre, trattandosi di un’infezione virale, non esistono terapie in grado di eliminare il virus: gli antibiotici sono quindi del tutto inutili, e devono essere prescritti solo nel caso in cui si sovrapponga un’infezione batterica. Quest’ultima deve essere sottoposta all’attenzione di un medico che eventualmente prescriverà la terapia antibiotica.
Solitamente si consiglia anche un periodo di riposo nel caso in cui il senso di stanchezza sia particolarmente intenso e duraturo e soprattutto se la milza risulta ingrossata, in quanto uno sforzo eccessivo o un trauma potrebbero causarne la rottura. Si tratta di una complicanza rara ma potenzialmente molto pericolosa, che richiede l’immediato intervento medico.
Raramente, anche qualche complicazione
Il virus della mononucleosi in alcuni casi può provocare disturbi anche a livello epatico, come per esempio la comparsa di ittero (che si riconosce dalla tipica colorazione giallastra della pelle e delle sclere degli occhi) o un’infiammazione del fegato.
Altre complicazioni della mononucleosi, per fortuna ancora più rare, sono la comparsa di anemia, trombocitopenia, miocardite, meningite o encefalite.
A correre i maggiori pericoli sono naturalmente i soggetti con un sistema immunitario compromesso, e quindi non in grado di rispondere in maniera efficace al virus, come per esempio pazienti trapiantati costretti ad assumere farmaci immunosoppressori.