- Morbo di Crohn: una malattia sociale
- Le caratteristiche
- I sintomi
- Le cause
- Il ruolo della dieta nel morbo di Crohn
- A ognuno il suo alimento “no”
- Le terapie farmacologiche
Non esistono ancora prove certe del ruolo della dieta nel morbo di Crohn, ma modificare la propria alimentazione può portare grandi benefici.
Ogni anno ci sono da 1.350 a 2.000 nuovi casi: il morbo (o malattia) di Crohn è, insieme alla colite ulcerosa, la più importante malattia infiammatoria cronica intestinale (MICI o IBD, Inflammatory Bowel Disease nella terminologia anglosassone) ad andamento recidivante.
L'infiammazione colpisce la mucosa e la parete intestinale con fasi di attività intervallate da periodi di remissione e un rischio di complicanze variabile nel tempo. Complessivamente, si stima che le malattie infiammatorie affliggano circa 200.000 italiani tra i 15 e i 40 anni (e oltre 4 milioni nel mondo).
Morbo di Crohn: una malattia sociale
La diagnosi spesso arriva in ritardo e si tratta di vere patologie sociali perché incidono sulla vita quotidiana di chi ne soffre, con notevoli ricadute di costi diretti e indiretti sul sistema sanitario nazionale. Secondo l'Indagine Impact (realizzata nel 2015 da Efcca, Federazione europea delle associazioni nazionali dei pazienti) il 71% dei malati ha dovuto assentarsi dal lavoro, il 19% è stato assente per più di 25 giorni per ricadute, visite mediche e ricoveri, il 40% ha dovuto modificare la propria vita lavorativa e nel 20% dei pazienti una MICI ha causato la fine di un rapporto affettivo.
Si tratta quindi di malattie gravose anche dal punto di vista psicologico, perché si possono “manifestare” perfino nella vita di relazione e professionale quando chi ne soffre è costretto a correre ripetutamente alla toilette. I malati sono indotti spesso a routine rigide per evitare “incidenti” particolarmente sgradevoli, arrivando a non mangiare prima di uscire o ad accettare di andare a cinema o a teatro solo se hanno la possibilità di sedere ai margini della fila.
In anni recenti è aumentata l’attenzione verso un'esordio sempre più precoce: si calcola oggi che circa il 20% dei casi di MICI interessi i bambini e gli adolescenti. La genetica gioca un ruolo, ma queste malattie sembrano anche “legate” al benessere: sono infatti rare nei Paesi in via di sviluppo e frequenti in Occidente.
Le caratteristiche
Spiega Giorgio Dobrilla, primario gastroenterologo emerito dell’Ospedale Regionale di Bolzano e professore a contratto all’Università di Parma: «Mentre la colite ulcerosa riguarda solo il colon, il morbo di Crohn può colpire l'apparato digerente dalla bocca all'ano, anche se ha alcune zone d'elezione, con parti sane e altre infiammate (per questo era definita in passato “enterite regionale”): il colon, e in particolare la zona ileo-colica».
La malattia è stata descritta per la prima volta nel 1932 dal medico americano Burill B. Crohn. «Il malato più illustre di Crohn è stato il presidente americano Dwight Eisenhower: come spesso succede, anche nel suo caso il morbo venne scambiato per appendicite e il peggioramento delle sue condizioni impose un trattamento chirurgico. Tanto che negli Stati Uniti il Crohn viene chiamato “presidential illness”», sottolinea il gastroenterologo.
Tra i pazienti illustri di oggi ci sono la cantante Anastacia e l'attrice Shannen Doherty. È una patologia con una leggerissima prevalenza per le donne, che colpisce più di frequente gli adolescenti fino ai 20 anni e gli adulti dai 50-55 anni fino ai 70. Le complicanze possono includere ostruzione intestinale, stenosi (restringimenti), perforazione, fistola e ascesso, con possibile necessità di ricorso alla chirurgia.
I sintomi
«I sintomi sono aspecifici», continua il professor Dobrilla. «Dolori addominali (in particolare nel quadrante inferiore destro dell'addome), diarrea senza motivo (con anche più di quattro scariche al giorno), febbre, stanchezza e malessere alle articolazioni (simile a quello di un'influenza), inappetenza, vomito e nausea, dimagrimento».
Se i disturbi sono persistenti, il medico prescriverà esami per confermare la diagnosi e la presenza della malattia: colonscopia (o una gastroscopia, se si ritiene che il Crohn abbia colpito lo stomaco) e conseguente biopsia di tessuto prelevato nella zona affetta dall'infiammazione.
Il sospetto può arrivare anche da esami del sangue che individuino un'anemia che suggerisca sanguinamento dell'intestino, oppure un alto numero di globuli bianchi, a loro volta segno di un'infiammazione nel corpo, o, ancora, un aumento della PCR o della VES. Anche l'analisi delle feci può rivelare un sanguinamento, un'infezione o un’infiammazione nell'intestino. Ulteriori possibili esami sono la risonanza magnetica e la Tac.
Le cause
Uno squilibrio del sistema immunitario (sbilanciato verso un'attivazione continua dell'infiammazione), concause ambientali e genetiche, agenti patogeni, disequilibri del microbiota (il complesso di batteri che popolano l'intestino), ansia, stress, esposizione a ossidanti, alimentazione, oppure più fattori che interagiscono sono fra le possibili cause di questa patologia.
«Ci sono molte ipotesi in merito, ma al momento nessuna accertata», sottolinea Dobrilla. «La conclusione più recente è che si tratti di una malattia autoimmune, nella quale il sistema immunitario non è capace di spegnere una fisiologica risposta infiammatoria o di prevenirla, con il risultato che l'infiammazione stessa si cronicizza. L'ereditarietà c'entra in maniera moderata: se in famiglia c'è un malato di Crohn, il rischio di soffrirne è un po' più alto».
Il ruolo della dieta nel morbo di Crohn
Le molte ricerche condotte sul ruolo della dieta nel morbo di Crohn sono giunte a risultati contraddittori e non ci sono spiegazioni scientificamente acclarate relative a cause di tipo alimentare. Tuttavia modificare le proprie abitudini a tavola può migliorare in modo significativo i sintomi o almeno evitare che peggiorino.
Spiega il professor Dobrilla: «Le localizzazioni differenti impongono approcci di cura diversi, a seconda del tratto dell'apparato digerente interessato. Così, per esempio, se la malattia colpisce l'intestino tenue, dove avviene l'assimilazione, le conseguenze saranno appunto malassorbimento, perdita di macro e micronutrienti e quindi problemi di malnutrizione e di accrescimento: ciò può imporre addirittura una “dieta elementare”, ossia la semplice assunzione di nutrienti allo stato puro (zuccheri, proteine sotto forma di aminoacidi, ecc) in pillole, per via parenterale o, nei casi più gravi, per via endovenosa, così da non affaticare l'organismo».
«Se la malattia colpisce il colon – continua l’esperto – i problemi di malassorbimento non ci sono, ma il paziente dovrà evitare gli alimenti e le sostanze ai quali è più sensibile. Tenendo conto anche di eventuali intolleranze: non è raro che il morbo di Crohn si associ, per esempio, a un’intolleranza al lattosio, che ovviamente andrà accuratamente evitato non mangiando latte e derivati». Perciò, anche se ci sono molti “elenchi” di cibi più comunemente imputati, vanno presi con molta cautela, perché l'intolleranza (o tolleranza) agli uni o agli altri è squisitamente individuale.
A ognuno il suo alimento “no”
«Per individuare gli alimenti che peggiorano i sintomi, può essere d'aiuto, in una fase remissiva, seguire diete di esclusione», continua il gastroenterologo. «Sospendere un alimento “sospetto” alla volta, per almeno tre settimane, quindi reintrodurlo nella dieta e osservare variazioni nei sintomi. È un metodo efficace, purché si abbia la costanza di seguirlo per lungo tempo».
In linea di massima, i possibili alimenti da tenere d’occhio e quelli che invece sono considerati “accettabili”, ma che è comunque opportuno testare con una dieta di esclusione, sono:
Alimenti da "tenere d'occhio" | Alimenti “accettabili” |
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Pane fresco (bianco e integrale) | Cracker, fette biscottate, grissini |
Cavolo, cavolfiore, cavolini di Bruxelles, legumi, asparagi, barbabietola, cipolla, porro, pomodori, spinaci | Carni bianche o rosse magre, ai ferri o al vapore |
Latte, latticini, formaggi | Prosciutto cotto o crudo sgrassato |
Carni grasse | Pesci magri alla griglia o lessi |
Insaccati, lardo | Zucchine, carote, finocchi, insalata, melanzane |
Pesci grassi, crostacei, molluschi | Yogurt e probiotici (se non c'è intolleranza al lattosio) |
Uova | |
Fritture e pietanze elaborate | |
Dolci, cacao, cioccolato | |
Frutta (consumo moderato, in particolare banane e agrumi) | |
Alcolici, caffè, bibite con caffeina, bibite gasate (anche l'acqua) |
Da evitare sempre le grandi abbuffate, mentre è raccomandato il consumo di pasti piccoli e frequenti, masticando a lungo e mangiando con calma per facilitare la digestione cominciandola già in bocca. Spesso vengono sconsigliati gli alimenti ricchi di fibre (cibi integrali, verdure, legumi, frutta secca, ecc) perché aumentano la peristalsi intestinale e il loro passaggio, creando attrito, peggiora l’infiammazione. Ma poi il problema può aggravarsi, perché le fibre vegetali hanno comunque un ruolo importante sulla salute intestinale.
Più in generale, il morbo di Crohn ha fasi alterne, con periodi di remissione spontanea dei disturbi: in queste fasi, il paziente può mangiare abbastanza liberamente, evitando cibi irritanti anche per il soggetto normale: peperoncino, pepe, tabasco e in generale le preparazioni piccanti. È consigliabile bere molti liquidi, acqua non gasata in particolare. Da evitare anche l'alcol (nelle fasi acute, normalmente basta limitare il consumo), il fumo e l'uso di aspirina.
Le terapie farmacologiche
Purtroppo il paziente deve gestire il morbo di Crohn per buona parte della sua vita, con differenze a seconda della gravità della patologia: i più fortunati convivono con i sintomi senza particolari difficoltà, ma c'è chi deve sottoporsi a interventi chirurgici per fare fronte alle possibili complicanze.
Al momento non esiste una terapia risolutiva, anche se si usano vari medicinali per indurre e mantenere la remissione o raggiungere periodi di tempo lunghi in cui i pazienti non manifestano sintomi, come antidiarroici, aminosalicilati, antibiotici, immunomodulatori, corticosteroidi.
Nuovi approcci terapeutici sono i farmaci biotech (anticorpi monoclonali) che bloccano selettivamente i meccanismi che promuovono l'infiammazione fermando la progressione della malattia, ma non sono indicati per tutti i pazienti. Nonostante l’efficacia di queste medicine in termini di remissione della patologia, chiusura delle fistole perianali, ripristino dell’integrità della mucosa intestinale, miglioramento della qualità della vita e riduzione delle ospedalizzazioni e degli interventi chirurgici, si tratta di trattamenti ancora oggetto di studio.