Il termine mal di testa, cefalea, racchiude oltre 150 differenti tipologie di dolore al capo. Riconoscerli è il primo passo per trattarli nel modo giusto.
Ho mal di testa. Sì, d’accordo, ma quale? Perché, è bene saperlo, questo termine d’uso comune è troppo generico per permettere di capire quale sia l’esatto disturbo presente.
Imparare a riconoscere di quale mal di testa si soffre e saperlo descrivere al medico è importante perché i rimedi in grado di alleviare una particolare forma possono non bastare o rivelarsi del tutto inefficaci contro un’altra.
Due grandi categorie
Innanzitutto, bisogna distinguere tra le cefalee primarie, nelle quali il mal di testa è la vera e propria malattia, e quelle secondarie, dove il dolore al capo è soltanto uno dei sintomi che accompagnano altre condizioni (una notte insonne, un pasto abbondante, un bicchiere di troppo) o di una diversa patologia (un’influenza, un trauma cranico, la depressione).
Cefalee secondarie
Le forme secondarie possono colpire chiunque e in qualunque momento. Possono essere occasionali o ritornare di frequente. Dipende dalla causa che le scatena. E il loro trattamento, infatti, prende di mira proprio il problema che le ha generate.
Una particolare forma secondaria a cui è bene fare attenzione è la cefalea da farmaci: alla sua origine, come dice il termine, ci sono i medicinali impiegati per la cura di altre malattie. Anche l’uso eccessivo di analgesici per cercare di sedare un mal di testa insistente può provocarla.
Le forme primarie
Le cefalee primarie più comuni sono essenzialmente tre: l’emicrania, la cefalea muscolo-tensiva e quella a grappolo. Tutte tendono a ripresentarsi periodicamente, con frequenza e intensità variabile e in modo spontaneo oppure sollecitate da specifici fattori scatenanti. Se non trattate correttamente, tendono a peggiorare con il tempo, attacco dopo attacco, e a ripresentarsi sempre più spesso.
In genere, colpiscono persone che presentano una particolare predisposizione a svilupparle. L’emicrania, per esempio, affligge soprattutto le donne in età in fertile (colpite quattro volte più degli uomini). E i responsabili principali sono gli ormoni e le loro fluttuazioni periodiche.
La cefalea a grappolo invece preferisce gli uomini tra i 25 e i 50 anni. Più eque, per distribuzione di età e di genere, le cefalee tensive.
Come riconoscerle
L’emicrania provoca attacchi ricorrenti, di durata variabile da 4 a 72 ore, spesso anticipati da segni premonitori quali irritabilità o umore depresso.
Il dolore tipico è pulsante, concentrato a un solo lato della testa, non sempre lo stesso. E può essere accompagnato da nausea, vomito, ipersensibilità alla luce e ai rumori. In genere, peggiora con l’attività fisica.
Nella forma “con aura” l’attacco è anticipato da disturbi visivi, formicolii, difficoltà di movimento a braccia e mani o nel linguaggio.
L’emicrania tende a essere invalidante, impedendo spesso di svolgere le più comuni attività quotidiane.
La cefalea tensiva dà origine a un dolore più sopportabile, simile a un peso o a una morsa, diffuso a tutta la testa, sordo e di intensità costante.
Può essere occasionale o cronica e dipende da un’eccessiva contrazione dei muscoli del collo, del volto e del cranio, spesso indotta o favorita dallo stress emotivo, da problemi ortodontici o da posture scorrette. Può durare da mezz’ora ad alcuni giorni.
La cefalea a grappolo, così definita per l’andamento raggruppato degli attacchi, è sicuramente la forma peggiore da sopportare. Il dolore si localizza su un lato della fronte, intorno e dietro l’occhio, si presenta come fitte lancinanti e può essere accompagnato da irritazione oculare e sensazione di naso chiuso.
La durata di un singolo attacco può variare da un quarto d’ora a tre ore, ma nell’arco della giornata se ne può avere più di uno.
A ciascuna il suo rimedio
I primi elementi da considerare per individuare il trattamento più adatto ed efficace sono l’intensità dei sintomi e la frequenza degli attacchi.
Quando il mal di testa compare in modo occasionale, ossia meno di 1-2 volte al mese, dura poche ore ed è relativamente sopportabile il rimedio migliore è assumere, fin dalle prime avvisaglie, un analgesico da banco. Sono consigliati in prima battuta i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) come l’acido acetil salicilico, l’ibuprofene o il naprossene.
Ciò che conta è intervenire subito. Sopportare il disagio nella speranza che passi è un grosso errore poiché in genere il dolore tende a durare e, anzi, a peggiorare dopo la prima ora. Il rischio è di rendere inefficace l’analgesico se assunto troppo tardi.
Di farmaci contro il dolore, però, non si deve abusare. Quando il mal di testa si ripresenta più di tre o quattro volte al mese, dura più giorni ed è molto intenso non si deve aumentarne la dose né prolungarne l’assunzione, ma rivolgersi al medico che potrà prescrivere altri rimedi specifici.
Quando è meglio prevenire
Se la frequenza degli attacchi si mantiene elevata per più di tre mesi, la cefalea si considera cronica. In questi casi, per non veder ridotta significativamente la qualità di vita, è opportuno considerare una terapia di prevenzione, il cui scopo è ridurre il numero degli episodi e attenuarne la gravità, ripristinando la sensibilità agli analgesici che potrebbero nel frattempo essere diventati inefficaci.
La prevenzione può prevedere l’assunzione di diversi farmaci. Per esempio, contro l’emicrania sono spesso indicati betabloccanti, calcioantagonisti, ergotaminici a lunga durata d’azione.
Contro la cefalea a grappolo si ricorre perlopiù ai calcioantagonisti che, se assunti fin dai primi attacchi, riescono ad attenuarne in modo sostanziale la frequenza e l’intensità, permettendo di mantenere una buona qualità di vita.
Molte cefalee tensive sono associate a contratture muscolari: può essere quindi efficace un trattamento preventivo con farmaci miorilassanti associati a interventi fisiatrici e a massaggi locali che contribuiscono ad allentare la tensione e a normalizzare il tono muscolare.
Individuare il farmaco più efficace a scopo profilattico in ogni singolo caso non è facile: servono tempo, impegno e pazienza, nonché la disponibilità a collaborare con il medico.
Al camice bianco, cui spetta la scelta e la prescrizione di questi farmaci, vanno riferite le caratteristiche e la durata degli attacchi, la risposta alle terapie assunte e tutti i fattori che tendono a scatenare o ad aggravare l’attacco (stress, cambiamenti di fuso orario o di abitudini, assunzione di particolari cibi o bevande e così via). Molto utile è compilare un “diario del mal di testa” dove annotare tutte le caratteristiche della propria condizione.
La terapia profilattica va seguita per diversi mesi, spesso oltre un anno. È lunga, ma solitamente porta un buon grado di miglioramento.
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