- I sintomi della fibromialgia
- Quali sono le cause della fibromialgia?
- Come si fa la diagnosi?
- Come si cura la fibromialgia?
È una forma di reumatismo extra-articolare che causa dolore cronico e può interferire significativamente sulla qualità di vita dei pazienti.
Di fibromialgia, sindrome che comporta un senso di affaticamento costante e un diffuso dolore muscolo-scheletrico, si è sentito parlare molto negli ultimi tempi, complice una pop star che ha dichiarato di esserne stata colpita in modo invalidante.
Si tratta però di una condizione che per lungo tempo è stata “misconosciuta”, se pur sia stata inserita dall’Oms già nel 2010 nella Classificazione internazionale delle malattie ICD-10 (International Statistical Classification of Diseases, Injuries and Causes of Death).
In Italia si stima ne siano colpite approssimativamente 1,5-2 milioni di persone, l’80% delle quali, per ragioni non chiare, di sesso femminile. La malattia esordisce per lo più in età adulta, verso i 30/40 anni, ma può essere diagnosticata anche nell’adolescenza o in età più avanzata.
Dal punto di vista etimologico, il termine fibromialgia significa dolore nei muscoli e nelle strutture connettivali fibrose, ovvero tendini e legamenti.
I sintomi della fibromialgia
Il sintomo principale della malattia è il dolore cronico: diffuso, costante, esteso a varie parti del corpo, in alcuni casi molto intenso e descritto come “bruciante”. A volte può iniziare in una sede localizzata, come la zona della cervicale e delle spalle, per poi diffondersi. Il dolore è però avvertibile soprattutto a livello dei muscoli e dei relativi punti di inserzione sulle ossa.
La fibromialgia non è una malattia infiammatoria, ma una forma di reumatismo extra-articolare dalle importanti ripercussioni sullo stato pisco-fisico, tali da interferire significativamente con la qualità della vita durante il giorno e con la qualità del sonno durante la notte.
La maggior parte dei pazienti lamenta infatti disturbi del sonno, che si manifestano con sonno leggero, non ristoratore, con risvegli ripetuti e la sensazione, al mattino, di non avere riposato. Alcune volte a questo quadro si associano anche disturbi come apnee notturne o la “sindrome delle gambe senza riposo”.
Altri sintomi sono la rigidità muscolare, soprattutto al mattino, e la sensazione di gonfiore alle mani.
Una caratteristica tipica della malattia è anche la sensazione di stanchezza, un’astenia profonda che comporta scarsa resistenza alla fatica. A volte la fibromialgia si sovrappone alla sindrome da affaticamento cronico (CFS), per cui alcuni pazienti con fibromialgia presentano i sintomi di questa sindrome e viceversa, tanto che può essere difficile distinguere le due condizioni.
La malattia inoltre coesiste con l’artrite reumatoide: si stima che il 20-30% di pazienti con artrite reumatoide siano anche affetti dalla fibromialgia.
Un sintomo comune nei pazienti fibromialgici è la cefalea, specialmente di tipo muscolo-tensivo. Sono frequenti anche disturbi legati alla sindrome del colon irritabile, come alternanza di stitichezza e diarrea. A volte il paziente riferisce contrazioni a livello vescicale con conseguente aumento della frequenza delle minzioni, in alcuni casi accompagnate da bruciore.
Anche il sistema nervoso centrale è interessato da questa condizione: possono comparire manifestazioni di ansia e depressione e disturbi che comportano difficoltà a mantenere la concentrazione, distrazione, mal di testa, perdita di memoria. I sintomi possono peggiorare a causa di freddo, umidità, carenza di sonno e mutazioni ormonali nel periodo pre-mestruale.
Quali sono le cause della fibromialgia?
Le cause precise non sono state identificate. Si ritiene tuttavia che, sulla base di una predisposizione genetica, questa sindrome dipenda da una ridotta soglia di sopportazione del dolore dovuta a una alterazione delle modalità di percezione a livello del sistema nervoso centrale. Ecco perché nel paziente fibromialgico anche una stretta di mano o un piccolissimo trauma possono causare dolori fortissimi.
Da studi recenti è emerso che in questi pazienti si verifica un’alterazione di alcuni neurotrasmettitori implicati nella trasmissione del dolore e che le aree del cervello dove questo viene elaborato risultano maggiormente attivate.
Tra i possibili fattori scatenanti vi sono malattie croniche come artrosi o lupus, traumi fisici o psichici, incidenti stradali, malattie infettive, lutti e situazioni familiari gravi, disordini del sistema nervoso centrale ed eventi stressanti.
Lo stress, in particolare, viene identificato come un fattore comune a tutte le persone alle quali è stata diagnosticata la fibromialgia. Difficile però affermare che la fibromialgia sia dovuta a una singola causa; infatti, i pazienti stessi molto spesso non riescono a identificare un fattore o un evento specifico che possa aver scatenato l’esordio dei sintomi.
Come si fa la diagnosi?
La diagnosi non è semplice e dipende molto dal rapporto medico-paziente. La malattia infatti non dà segni esterni evidenti e non è rilevabile né attraverso esami diagnostici strumentali, né attraverso esami di laboratorio.
Contrariamente ad altre malattie reumatiche, come per esempio l’artrite reumatoide, le manifestazioni della fibromialgia non sono infatti in alcun modo visibili attraverso tumefazione o deformità delle articolazioni.
Per questa ragione è piuttosto frequente che, prima di giungere alla diagnosi, trascorrano alcuni anni, durante i quali il paziente ha consultato diversi medici e specialisti, senza giungere a una conclusione.
In passato inoltre la malattia, anche per la mancanza di esami oggettivi che ne attestassero la presenza, era spesso attribuita a cause psicologiche o considerata una manifestazione di uno stato depressivo. Oggi si tende invece ad attribuire la depressione alle conseguenze del protratto malessere causato dalla condizione di dolore e affaticamento cronici. Nei soggetti con fibromialgia sono stati individuati livelli inferiori di serotonina, un neurotrasmettitore che regola l’umore e che sembra implicato anche nella percezione del dolore.
Ai fini della diagnosi è molto importante che da parte del medico vi sia l’ascolto della storia del paziente, per individuare gli eventi che possano aver innescato il processo. Oggi tuttavia qualcosa è cambiato e il reumatologo, lo specialista che si solito prende in carico il paziente, può avvalersi di strumenti più certi.
L’American College of Rheumatology ha infatti stabilito dei criteri diagnostici per la fibromialgia. Sono stati individuati 18 punti (denominati tender points) sparsi in tutto il corpo che, se sollecitati in modo opportuno, mediante pressione, provocano dolore. Quando almeno 11 di questi punti risultano dolenti allora si propende per la diagnosi di fibromialgia. Le linee guida infatti hanno stabilito che la reattività dolorosa nei tender points è tipica solo dei pazienti con fibromialgia e non di altri pazienti reumatici o di individui sani.
Per questa patologia è importante anche la diagnosi differenziale, sia rispetto alla sclerosi multipla, sia per escludere altre malattie reumatiche come per esempio la polimialgia. Si tratta di una patologia reumatica infiammatoria che colpisce soprattutto gli anziani e che si manifesta con rigidità e con dolore continuo nella zona del collo, delle spalle e delle gambe. Esordisce spesso all’improvviso a seguito di episodi infettivi o eventi stressanti e causa limitazione nei movimenti come girarsi o alzarsi dal letto. Altre condizioni che devono essere escluse sono il lupus e l’ipotiroidismo.
Di seguito una tabella riassuntiva della patologie rispetto alle quali effettuare la
diagnosi differenziale, con indicati i sintomi a cui prestare maggiore attenzione.
Patologia | Sintomi non presenti nella fibromialgia |
---|---|
Artrite reumatoide | Gonfiore delle articolazioni Elevati valori di VES e PCR |
Lupus sistemico eritematoso | Rash cutaneo Sintomi sistemici (febbre, interessamento di reni, cuore, polmoni e cervello) |
Polimialgia reumatica |
Grave rigidità muscolare mattutina e nei periodi di sedentarietà Elevati valori di VES e PCR |
Polimiosite | Debolezza muscolare Elevati valori di CPK Anormalità elettromiografiche |
Spondiloartrite | Gonfiore delle articolazioni periferiche Lombalgia Ridotta mobilità della colonna vertebrale Elevati valori di VES o PCR |
Ipotiroidismo | Anormalità nei valori di funzionalità tiroidea |
Iperparatiroidismo | Ipercalcemia |
Neuropatia | Deficit sensitivi o motori Anormalità dei test elettrofisiologici |
Come si cura la fibromialgia?
Non esiste una cura specifica. Il trattamento della fibromialgia si basa su un approccio multidisciplinare che integra:
- educazione del paziente volta a modificarne lo stile di vita
- terapie farmacologiche
- terapie psicologiche
- attività fisica.
È utile inoltre distinguere i pazienti in base alle manifestazioni prevalenti: se la sfera psico-affettiva è quella maggiormente interessata, la terapia psichiatrica è utile per ridurre le somatizzazioni, laddove invece è prevalente la sintomatologia muscolo-scheletrica sono preferibili terapie analgesiche.
Nella fibromialgia gli antinfiammatori hanno scarso effetto e non sono consigliati, a meno che non sia presente anche una malattia infiammatoria come l’artrite.
I farmaci antidolorifici vengono impiegati nelle fasi più acute; sono utili in tal senso anche gli oppiacei che devono però essere prescritti da centri specializzati e calibrati sul singolo caso. Per facilitare il riposo vengono prescritti antidepressivi triciclici e gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, oltre a farmaci ad azione miorilassante, di solito a dosi ridotte.
Una recente revisione sistematica ha tuttavia identificato nell’esercizio fisico aerobico la terapia più efficace, in grado di ridurre il dolore e migliorare le capacità di movimento. Attività a basso impatto come camminare, andare in bicicletta, nuotare o fare esercizi in acqua sono gli esercizi più adatti ai pazienti con fibromialgia. Sono indicati anche esercizi di potenziamento, che migliorano la stabilità e la capacità di movimento, spesso limitata per via del dolore. A questi è opportuno far seguire sessioni di stretching e mobilizzazione articolare. In aggiunta, un vero e proprio programma di riabilitazione, condotto da un professionista, può essere di aiuto per migliorare la flessibilità del corpo e la postura.
Per quanto riguarda le modifiche allo stile di vita, è fondamentale agire sul sonno, che limita il dolore, tentando di stabilire una routine. È utile mantenere orari costanti, evitare i sonnellini durante il giorno, evitare di fumare (la nicotina ha un effetto eccitante) e di consumare bevande come tè e caffè specialmente la sera e dedicarsi ad attività rilassanti dopo cena.
Le ricerche più recenti hanno anche indicato un ruolo positivo per alcune terapie complementari, come la pratica di meditazione, yoga e tai-chi, anche se le evidenze in questo senso sono ancora limitate.
Per quanto riguarda l’alimentazione, è fondamentale curare la regolarità intestinale (attraverso una dieta varia e ricca di vegetali e una buona idratazione) per evitare che le mucose si irritino. L’irritazione protratta infatti comporta l’infiammazione; questa facilita l’entrata in circolo di sostanze che possono a loro volta alimentare reazioni avverse a carico delle articolazioni e del sistema nervoso stesso, aumentare la risposta autoimmunitaria e alterare la produzione della serotonina, importante nel controllo del dolore.