Numerosi studi clinici stanno dimostrando il grande potenziale dell’immunoterapia, una delle più recenti opzioni terapeutiche per curare alcune forme tumorali.
Nella guerra contro i tumori la ricerca medico-scientifica ha permesso di mettere a punto nuove armi sempre più efficaci e sofisticate.
Il fronte di cura più recente, un vero punto di svolta, è stato aperto dai ricercatori con i farmaci immuno-oncologici, che si sono affiancati alle tradizionali terapie (chemioterapia, chirurgia, radioterapia) e che contrastano la patologia tumorale stimolando il sistema immunitario. Gli immunoterapici, cioè, riattivano le difese dell'organismo.
Si tratta di molecole innovative che stanno dimostrando di avere il potenziale per migliorare la sopravvivenza a lungo termine e l’esito clinico di diversi tumori maligni “difficili” come il melanoma e il tumore del polmone. Per altre forme tumorali, che colpiscono per esempio il seno o il cervello, la sperimentazione è invece ancora agli inizi.
L'aspetto critico, al momento, sono i costi elevati per il sistema sanitario e la lunghezza dei tempi perché i cittadini possano avere accesso a questi farmaci.
I numeri del tumore in Italia
Le patologie tumorali nel nostro Paese, come in tutti i Paesi industrializzati, sono ampiamente diffuse e rappresentano uno dei maggiori pericoli per la salute, nonché una delle principali cause di morte.
Nonostante i progressi della scienza e della medicina degli ultimi decenni e le numerose campagne di prevenzione, nel 2011 in Italia si sono registrati circa 175.000 decessi (quasi 99.000 tra gli uomini e quasi 77.000 tra le donne), circa tre ogni mille persone.
I tumori più frequenti, escludendo le neoplasie della pelle, sono quelli del colon-retto, della mammella e della prostata, seguiti dal tumore del polmone e della vescica.
«Al 2014 oltre 2,9 milioni d’italiani hanno avuto una diagnosi di tumore nel corso della loro vita, con le donne che mostrano una più alta prevalenza (56%) rispetto agli uomini (44%)» spiega Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità.
E aggiunge: «Per quanto riguarda, invece, l’incidenza (cioè i nuovi casi), le stime più aggiornate dell’AIRTUM (Associazione italiana registri tumori) riportano come ogni anno vengano diagnosticati circa mille tumori al giorno, con un tasso annuale di circa sei casi ogni mille persone, maggiore negli uomini (6,9/1.000 abitanti/anno) che nelle donne (5,4/1.000 abitanti/anno). Tuttavia, confrontando i dati del 1996 con quelli più recenti disponibili, si nota un significativo decremento della mortalità, del 18% tra gli uomini e del 10% tra le donne».
L'Italia ha una frequenza di neoplasia e valori di sopravvivenza simili a quelli di Francia, Stati Uniti, Australia, Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca.
Come funziona il sistema immunitario
Il sistema immunitario è un insieme di organi, cellule e sostanze che aiutano a proteggere l'organismo da infezioni e malattie.
Qualsiasi nuova sostanza che entra nell'organismo e non viene riconosciuta dal sistema immunitario fa scattare un allarme, provocando una reazione del sistema stesso. Si considera perciò che sia composto di due linee di difesa:
- quella innata, che include barriere come la pelle
- quella adattativa, che “ricorda” alle cellule immunitarie l'invasione di un organismo estraneo e reagisce rapidamente in una successiva esposizione.
Le sostanze che provocano una risposta immunitaria sono chiamate antigeni: la risposta immunitaria può distruggere qualsiasi cosa contenga un antigene, come germi o la cellula del cancro. Però le cellule sane e quelle cancerogene non si differenziano in maniera chiara e il sistema immunitario non sempre le riconosce come estranee.
Come funziona l'immunoterapia?
L'immunoterapia è una strategia terapeutica che utilizza alcune parti del sistema immunitario per combattere il cancro, in due modi:
- stimolando il sistema immunitario a lavorare di più o con più intelligenza per attaccare le cellule del cancro
- fornendo al sistema immunitario componenti aggiuntive per rinforzarlo.
Quindi, a differenza delle terapie oncologiche tradizionali (chemioterapia, radioterapia, chirurgia), non agisce direttamente sulle cellule tumorali per distruggerle, ma spinge il sistema immunitario a farlo.
I principali tipi di terapie immuno-oncologiche prevedono:
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anticorpi monoclonali: sono particolari versioni delle proteine del sistema immunitario prodotte dall'uomo e possono essere progettati per attaccare una parte molto specifica della cellula tumorale
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vaccini contro il cancro: sostanze introdotte per provocare una risposta immunitaria contro certe malattie
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immunoterapie non specifiche: trattamenti che stimolano il sistema immunitario in modo generico e che possono così aiutarlo ad attaccare le cellule tumorali.
Risultati molto promettenti
«La storia dell’immunoterapia non è solo recente – sottolinea Paolo Marchetti, direttore del Dipartimento di oncologia medica dell’Azienda ospedaliera Sant'Andrea di Roma – ma solo negli ultimi anni sono stati sviluppati agenti immunoterapici che hanno dimostrato, nei diversi studi clinici, di poter contribuire ad “alzare l’asticella” nella lotta contro i tumori, soprattutto per quanto riguarda l’obiettivo principale delle terapie oncologiche: il prolungamento della sopravvivenza a lungo termine».
«Il melanoma – prosegue l'esperto – è una delle neoplasie nelle quali è stato condotto in questi ultimi anni il maggior numero di sperimentazioni con immunoterapici (ipilimumab, nivolumab e pembrolizumab), con risultati importanti sia della sopravvivenza globale sia per quanto riguarda la progressione della malattia».
E aggiunge: «Un’altra neoplasia nella quale si stanno aprendo nuovi scenari di trattamento, con un notevole miglioramento dei tassi di sopravvivenza, è il tumore del polmone non a piccole cellule. Ma l’immunoterapia sta contribuendo a migliorare le prospettive di molte altre forme tumorali, tra cui il carcinoma del rene e il tumore della testa e del collo, con risultati promettenti negli studi di confronto con le chemioterapie standard, che fanno ben sperare per il futuro della lotta contro il cancro».
I plus dell'immunoterapia
L’immunoterapia ha grandi potenzialità per il trattamento di diverse forme di tumori solidi (che colpiscono cioè i tessuti) ed ematologici (che causano invece una proliferazione anomala delle cellule del sangue). «I vantaggi – continua Marchetti – derivano da quattro fattori in particolare: la possibilità di combinare diversi agenti (e dunque diversi meccanismi d’azione); la “memoria immunologica” che contribuirebbe all’adattabilità della terapia e quindi a migliorare i risultati a lungo termine; i profili di sicurezza unici di queste terapie, che riducono il rischio di effetti collaterali; il fatto di avere come bersaglio non il tumore ma il sistema immunitario, cosa che permetterebbe di agire contro tumori diversi».
«Ecco perché diversi agenti immunoterapici sono in studio per molteplici tipi di tumore, con un guadagno dal punto di vista della sopravvivenza per molte neoplasie che fino a poco tempo fa avevano prognosi decisamente più sfavorevoli di quelle che potranno avere da qui a pochi anni».
La lotta al melanoma
Il melanoma è il tumore che ha permesso di ottenere la maggior parte delle conoscenze attualmente disponibili: l’elemento chiave è stata la scoperta dei “checkpoint inhibitors”, molecole coinvolte nei meccanismi che permettono al tumore di sfuggire al controllo del sistema immunitario.
L'immunoterapia si attua con anticorpi monoclonali che inibiscono i checkpoint (in un certo senso, “disarmano le sentinelle”) e riattivano la risposta immunitaria anti-tumorale dell'organismo, cronicizzando la malattia.
Spiega Paolo Ascierto, direttore della UOC Melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell'Istituto nazionale tumori Pascale, Napoli: «Dopo la sperimentazione di laboratorio, il 2011 segna il punto di partenza dell’immunoterapia nella pratica clinica con l’approvazione del primo anticorpo monoclonale (ipilimumab) diretto contro CTLA-4 (citotoxic T-lymphocyte-associated protein 4). Nel giro di pochi anni sono stati sviluppati altri diversi inibitori dei checkpoint immunitari, come pembrolizumab e nivolumab, che sono stati approvati dalla Food & Drug Administration (FDA) e dall’European Medical Agency (EMA) per il trattamento di pazienti con melanoma avanzato (o metastatico, ndr)».
«Una recente metanalisi – continua Ascierto – che ha considerato 4.846 pazienti trattati con ipilimumab, ha mostrato che il 20% dei pazienti è ancora vivo dopo dieci anni. La cronicizzazione della malattia è stata osservata anche con nivolumab, sia nel melanoma sia in altri tumori».
Gli agenti immunoterapici hanno un profilo di tossicità diverso rispetto alle terapie tradizionali, dovute alla iper-reattività del sistema immunitario (reazioni cutanee, la colite/diarrea, l’epatite autoimmune, le endocrinopatie e la polmonite) che però possono generalmente essere gestite con corticosteroidi.
Conclude Ascierto: «Cinque anni di immunoterapia nel melanoma ci hanno insegnato che i checkpoint inhibitors aiutano a superare i meccanismi con cui i tumori sfuggono alla distruzione da parte del sistema immunitario. La sopravvivenza a lungo termine può essere ottenuta in gruppi di pazienti affetti da diversi tumori solidi o neoplasie ematologiche. Biomarcatori predittivi possono aiutare a selezionare i pazienti con maggiori probabilità di beneficiare dell’immunoterapia e vari approcci sono attualmente in corso di valutazione».
I progressi contro il tumore al polmone
Spiega Giorgio Vittorio Scagliotti, direttore del Dipartimento di oncologia dell'Università degli studi di Torino: «Nel trattamento del tumore al polmone non a piccole cellule gli anticorpi anti-CTLA-4, anti-PD-1 e anti-PD-L1 permettono al sistema immunitario del paziente di individuare e distruggere le cellule tumorali, attraverso l’attivazione dei linfociti T».
«Le immunoterapie disponibili – continua Scagliotti – sono gli anti-PD-1 nivolumab, approvato negli Stati Uniti e Unione europea per il tumore al polmone non a piccole cellule squamoso e negli Stati Uniti per il tumore al polmone non a piccole cellule non squamoso, e pembrolizumab, approvato negli Stati Uniti per entrambe le forme e in attesa di approvazione nell’Unione europea. Sono in fase di studio inoltre due anticorpi anti-PD-L1, atezolizumab e durvalumab, e l’anticorpo anti-CTLA-4 ipilimumab. Gli studi clinici condotti finora dimostrano che la monoterapia con farmaci immunoterapici è in grado di migliorare sia la sopravvivenza globale sia la sopravvivenza libera da progressione di malattia, rispetto alla chemioterapia standard».
L’immunoterapia è dunque il futuro del trattamento del tumore al polmone? «La risposta non è così scontata, perché diversi meccanismi contrastano il sistema immunitario e sarà fondamentale andare verso una sempre maggiore personalizzazione delle terapie, individuando quali meccanismi sono coinvolti nello sviluppo dei tumori dei singoli pazienti».