L’ulcera gastrica e le condizioni preulcerose, diagnosticate per tempo possono oggi essere contrastate ed eliminate in modo pressoché definitivo. Vediamo come.
Fino a una quindicina d’anni fa soffrire di ulcera era una vera e propria condanna, associata a sofferenze certe e a potenziali complicanze severe, dalla perforazione della parete dello stomaco o del duodeno (a seconda della zona interessata dalla lesione) all’aumento del rischio di sviluppare un tumore gastrico.
E c’era poco da fare: quando il dolore diventava troppo acuto per poter essere controllato con i farmaci antiacidi o la situazione troppo compromessa (per esempio, a causa di danni estesi della mucosa o di pericolosi restringimenti del primo tratto dell’intestino) l’unica via praticabile era quella chirurgica.
Tutto questo è, ormai, preistoria. La comprensione del coinvolgimento dell’Helicobacter pylori nell’insorgenza dell’ulcera e, soprattutto, l’introduzione di farmaci in grado di contrastare la secrezione acida gastrica in modo estremamente efficiente ha, infatti, permesso di modificare radicalmente la storia naturale della malattia.
Oggi, ulcera e condizioni preulcerose, diagnosticate per tempo grazie alla gastroscopia, possono essere contrastate ed eliminate in modo pressoché definitivo con qualche settimana di terapia antibiotica e l’assunzione regolare dei cosiddetti inibitori della pompa protonica o PPI (dall’inglese Proton Pump Inibitors), farmaci estremamente utili anche contro il reflusso gastroesofageo e ormai ampiamente utilizzati in ogni parte del mondo.
Punto primo: abbattere l’acidità
In commercio esistono ormai diversi PPI (esomeprazolo, lansoprazolo, omeprazolo, pantoprazolo e rabeprazolo), caratterizzati da una potenza e una rapidità d’azione leggermente diverse, tra i quali il medico può scegliere in relazione alle caratteristiche del paziente da trattare.
Tutti sono efficaci e ben tollerati, sia dallo stomaco, sia su altri fronti e possono essere assunti con tranquillità praticamente da chiunque, con l’unica eccezione di chi soffre di una ridotta funzionalità del fegato.
Omeprazolo è indicato anche nei bambini già dopo il primo anno di vita (in questo caso soprattutto per attenuare il reflusso gastroesofageo) mentre esomeprazolo può essere somministrato a partire dai 12 anni. Pantoprazolo e rabeprazolo, al contrario, sono sconsigliati in età pediatrica.
Benché l’attività dei PPI sia buona a prescindere dall’ora del giorno in cui vengono assunti, per ottenere risultati terapeutici ottimali, sia contro l’ulcera sia contro il reflusso, è importante prenderli al mattino a digiuno.
Meglio abituarsi quindi ad assumere il farmaco ogni giorno almeno mezz’ora prima della colazione (che va sempre fatta e deve comprendere cibi solidi, non troppo grassi e digeribili e bevande non acide, né gassate).
Soltanto in questo modo, infatti, il farmaco ha la massima possibilità di controllare la secrezione gastrica prima che questa venga stimolata dall’ingestione degli alimenti.
Per arrivare alla guarigione dell’ulcera, in genere, servono almeno tre mesi di assunzione regolare dei PPI. Quando la situazione si è stabilizzata il trattamento può essere interrotto.
Ma è comunque necessario sottoporsi a controlli endoscopici periodici (secondo la cadenza indicata dal medico) per cogliere sul nascere eventuali recidive di malattia e correre tempestivamente ai ripari, ricominciando ad assumere gli antiacidi.
Helicobacter sempre da eliminare
Prima di intraprendere la terapia con farmaci antisecretivi o PPI è indispensabile verificare la presenza di Helicobacter pylori, batterio dalla caratteristica forma elicoidale implicato nella stragrande maggioranza dei casi di ulcera e reflusso gastroesofageo, e provvedere alla sua eradicazione.
Il trattamento necessario per eliminare l’Helicobacter prevede l’assunzione di uno o due antibiotici (secondo alcuni studi recenti, anche tre) scelti tra amoxicillina, metronidazolo, tetraciclina o claritromicina, per 1-2 settimane e va sempre intrapreso se si sono già instaurate lesioni nella mucosa gastrica.
Se il batterio è presente, ma le pareti dello stomaco non sono ancora state danneggiate in modo evidente la terapia è comunque indicata per prevenire peggioramenti, ma non è detto che i disturbi gastrici ne traggano un diretto beneficio.
La terapia antibiotica riesce a eliminare il batterio nel 90% dei casi, ma non rende immuni nei confronti di nuove infezioni, rare ma sempre possibili poiché l’Helicobacter è un microrganismo molto diffuso nella popolazione e può essere contratto con relativa facilità.
Per esempio, parlando a distanza ravvicinata con un soggetto infetto (attraverso le microscopiche goccioline di vapore emesse durante la respirazione) oppure utilizzando bicchieri, tazze, posate o altri oggetti d’uso comune.