In sé, la meningite non è una malattia, ma un sintomo, che ci avverte di una patologia in atto. Spesso molto pericolosa: vediamo come riconoscerla e controllarla.
La meningite è un’infiammazione delle meningi, membrane che rivestono il cervello e il midollo spinale con il compito di proteggere il sistema nervoso. Non è quindi in sé una malattia ma un sintomo, anche se spesso il termine sottintende la forma epidemica dovuta al meningococco.
Sarebbe inoltre più corretto parlare di meningiti, in quanto le cause possono essere alquanto eterogenee: microrganismi (virus, batteri, funghi), che sono il fattore responsabile più importante (i batteri si collocano al primo posto), ma anche traumi e tumori cranici.
A causa dell’infiammazione, igonfiano le membrane creando una forte pressione inusuale che, insieme al diffondersi dell’infiammazione, può danneggiare zone cerebrali e comprometterne la funzionalità.
Le meningiti batteriche
Esistono diverse forme di meningite, a seconda dell’agente infettivo. Generalmente la forma virale è meno temuta, mentre quella batterica può avere effetti ben più gravi. Ed è di quest’ultima che ci occuperemo.
Tra le cause di meningite batterica, gli agenti patogeni più comuni sono l’Haemophilus influenzae di tipo B (HBV), più rilevante nel primo anno di vita, il meningococco (Neisseria meningitidis) e un patogeno delle vie aeree: lo pneumococco (Streptococcus pneumoniae).
In particolare il meningococco negli ultimi anni è diventato la causa più comune di meningite tra i bambini e i giovani adulti. Questo batterio si differenzia in vari ceppi e i più comuni in tutto il mondo sono cinque: A, B, C, W135 e Y. In Italia,come in Europa, i più comuni sono i soli sierogruppi B e C sono responsabili di tutti i casi di malattia da meningococco.
È molto diffuso e può sopravvivere nel naso e nella gola di individui sani: circa il 10-25% della popolazione ne è portatore senza, per questo, presentare particolari segni o sintomi di infezione.
Frequentare ambienti pubblici come scuole, palestre, discoteche, caserme o trovarsi vicino a una persona infetta che tossisce può rappresentare un’occasione di contagio.
Il periodo di incubazione dell’infezione è 2-10 giorni, ma soltanto poche persone sviluppano la malattia conclamata dopo l’esposizione.
La diagnosi
Al suo esordio, la meningite batterica può presentare gli stessi sintomi generici delle malattie da raffreddamento e dell’influenza. Considerando che la maggior parte dei casi di meningite si verifica nei mesi invernali, si comprende come sia difficile diagnosticarla precocemente.
Febbre, spossatezza generale, nausea e vomito, diarrea, irritabilità e inappetenza sono i disturbi iniziali più comuni. Esistono anche sintomi più caratteristici della malattia.
In particolare, nei bambini, i più vulnerabili al contagio da meningite meningococcica, è bene prestare attenzione a forti mal di testa, rigidità del collo (incapacità di toccare il petto col mento), intolleranza alla luce (fotofobia), sonnolenza e dolori alle articolazioni o ai muscoli, spasmi e, più in generale, stato di confusione e disorientamento.
Nei neonati e nei bambini molto piccoli, oltre a febbre, vomito e rifiuto del cibo, possono presentarsi altri sintomi caratteristici, come il pianto con voce acutoa, l’espressione vacua il torpore e la fissità dello sguardo, il colorito pallido e la comparsa di macchie cutanee di colore rosso, che non scompaiono alla pressione.
In alcuni casi è evidente la fiacchezza, la difficoltà a svegliarsi e anche una certa irritabilità che il piccolo manifesta al contatto fisico.
Infine, proprio a causa dell’infiammazione delle meningi, può verificarsi, nei bambini molto piccoli, una tensione o rigonfiamento dealla fontanella, il punto tenero sulla sommità della testa.
La cura e la prevenzione
Una volta diagnosticata per tempo, è possibile curare la meningite batterica attraverso terapie a base di antibiotici specifici per via endovenosa, eseguite in ospedale. Qualora però la malattia non venga riconosciuta, essa può evolvere e avere conseguenze molto gravi.
La strategia vincente consiste tuttavia nella prevenzione, attualmente possibile grazie ai vaccini contro l’Haemophilus influenzae di tipo b, lo pneumococco (l’ultimo preparato per i bambini uscito contiene 13 ceppi) e il meningococco (ceppi A, C, Y e W135; si utilizzano vaccini diversi al di sotto e al di sopra dei 2 anni d’età).
Relativamente a quest’ultimo va ricordato che agli individui a rischio (conviventi, altri soggetti entrati in contatto con la persona affetta) deve essere praticata entro 48 ore una profilassi antibiotica: sono sufficienti due giorni di terapia per scongiurare il pericolo.
Per saperne di più sugli antibiotici leggi questa scheda.