Si tratta di un parametro del sangue, normalmente incluso negli esami di routine, utile per valutare la funzione renale e il metabolismo delle proteine.
Tutti gli esami che terminano con “emia” indicano il dosaggio di un determinato parametro biochimico nel sangue. Per azotemia si intende dunque la concentrazione di azoto non proteico presente in circolo. A cosa serve conoscere questo valore? Qual è il suo intervallo di normalità? E quali altre indagini è opportuno associare per una valutazione completa? Attraverso la risposta a queste domande guida cerchiamo di comprendere utilità e significato dell’azotemia; un'analisi per la quale è necessario un semplice prelievo venoso, di norma effettuato da un braccio, e che non richiede una particolare preparazione (se non quella di essere a digiuno, condizione che occorre per la maggior parte degli esami del sangue).
Da dove proviene l’azoto
A seconda del processo in cui è coinvolto, l'azoto si distingue in proteico e non proteico. Quello misurato attraverso l'esame dell'azotemia - cioè l’azoto non proteico presente nel sangue - è il prodotto di scarto del metabolismo delle proteine, uno dei macronutrienti fondamentali per il corretto funzionamento dell'organismo (insieme a carboidrati e lipidi). Poiché uno dei principali compiti dei reni è quello di smaltire le scorie, è inevitabile che un aumento dell’azotemia, sia nell’uomo sia negli animali, è un importante indicatore di una loro possibile disfunzione.
Questo parametro fornisce perciò una doppia informazione: da un lato esprime l’efficienza o, come si suol dire, la funzionalità renale; dall’altro, in caso di aumento, è una spia di allarme, in quanto un suo incremento costante e incontrollato porta al coma.
La fonte principale di azoto sono le proteine introdotte con l’alimentazione: una parte di esse (o meglio dei loro componenti, gli aminoacidi) viene utilizzata dall’organismo per fabbricare nuove proteine, mentre ciò che non serve viene degradato dal fegato. L’azoto che ne deriva viene eliminato sotto forma di ammoniaca che, in quanto tossica per l’organismo, viene a sua volta trasformata in urea.
Sugli esiti degli esami i laboratori di analisi possono riportare due possibili diciture, che è bene conoscere per evitare confusione: l’azotemia vera e propria, il cui valore normale è compreso tra 22 e 46 mg/dl di sangue (con variazioni legate all’età e al sesso), e l’azoto ureico (o BUN, dall'inglese blood urea nitrogen), che varia da 10,3 a 21,4 mg/dl. I valori di riferimento, in genere, sono riportati anche sul referto.
Possibili significati di aumento e riduzione
Va puntualizzato che l’iperazotemia, cioè il superamento del valore limite, non sempre è sinonimo di una nefropatia (malattia renale).
Questo aumento può essere infatti promosso anche da una dieta iperproteica (vale a dire ricca di proteine) o dal digiuno (che obbliga l’organismo a distruggere le proteine per ricavarne energia), oppure può essere associato a svariate situazioni fisiologiche e non, tra cui:
- gravidanza;
- iperlavoro muscolare (spesso dovuto a un'attività fisica intensa);
- riduzione del flusso sanguigno per effetto di emorragie, scompenso cardiaco o ustioni estese;
- traumi;
- calcolosi renale (presenza di calcoli nei reni);
- cirrosi (una patologia che comporta l'alterazione della struttura dei tessuti colpiti, spesso quelli epatici, compromettendone la funzionalità);
- gotta (una malattia che colpisce le articolazioni e i tessuti circostanti provocando l'infiammazione);
- disidratazione (ovvero la carenza di acqua nell'organismo dovuta alla sua eccessiva perdita o ad un apporto inadeguato di liquidi e/o alimenti);
- diabete scompensato;
- terapie cortisoniche.
In altre parole, l’azotemia può aumentare sia per calo della filtrazione renale sia per aumento della produzione di urea oppure a causa dell’ostruzione al flusso urinario. La sua diminuzione, al contrario, si correla a malnutrizione (scarso apporto di proteine), insufficienza epatica, avvelenamenti.
L’azotemia è dunque un esame di routine, quasi sempre prescritto nell'ambito di un normale controllo. È, poi, ulteriormente giustificato in presenza di:
- dolori articolari o muscolari;
- dolore alle ossa;
- mal di schiena;
- senso di pesantezza alle gambe;
- sonnolenza, stanchezza e spossatezza;
- calo dell’appetito;
- ipertensione arteriosa (la cosiddetta "pressione alta");
- prurito;
- gonfiore (soprattutto di mani e piedi);
- ittero (pigmentazione giallastra della cute e del bianco degli occhi, dovuta a un eccesso di bilirubina nel sangue);
- affaticabilità;
- disturbi urinari (come la presenza di anomalie nelle urine, il bisogno di urinare spesso, o l'evacuazione di una quantità di urina superiore al normale),
- vomito;
- sete inestinguibile.
Altri esami utili
L’azotemia, da sola, può non essere sufficiente: per esempio un valore potrebbe essere “falsamente normale” in un individuo che, malgrado un danno renale, assume poche proteine oppure si trova in una condizione di iperidratazione.
Ecco perché un altro esame che il medico di solito prescrive in associazione all’azotemia è la misurazione dei livelli di creatinina (o meglio creatininemia, normalmente compresa tra 0,7 e 1,4 mg/dl). Si tratta di un prodotto di scarto del metabolismo muscolare (e, nello specifico, del risultato della degradazione della fosfocreatina, una proteina fondamentale per l'attività muscolare), ragion per cui è opportuna l’astensione dall’esercizio fisico nei due giorni precedenti il prelievo. La creatinina è un indicatore affidabile della funzione renale: il rapporto urea/creatinina è normalmente compreso fra 20 e 30 e il suo aumento è suggestivo di disidratazione.
I due esami vengono, di norma, impiegati nel monitoraggio di pazienti con insufficienza renale (acuta o cronica) o sottoposti a dialisi (una procedura medica che serve a rimuovere dall'organismo quelle sostanze indesiderate che generalmente vengono eliminate dai reni).
Un ulteriore esame importante è l’uricemia, cioè la concentrazione di acido urico nel sangue, utile nel sospetto di gotta e nefropatia. Infine, se creatinina e uricemia sono normali, si può ragionevolmente escludere che un’iperazotemia sia di origine renale.