Colon irritabile: attenzione alle carenze di vitamine

Le cause non sono ancora chiare, ma a favorirlo potrebbero essere bassi livelli di vitamina D.

La sindrome del colon irritabile non è una vera e propria patologia, ma un malfunzionamento dell’intestino.

Le cause non sono ancora chiare, ma il risultato è un’alterata motilità intestinale, che provoca una lunga serie di sintomi; pur avendo un andamento cronico, si susseguono periodi di remissione e fasi acute.

Cause incerte e sintomi diversi da paziente a paziente

Diarrea e stipsi che si alternano, mal di pancia, sensazione di gonfiore e flatulenza, crampi: questi sono i sintomi avvertiti, più o meno intensamente, da chi soffre di colon irritabile.

Dieta e stile di vita scorretti sono spesso messi sotto accusa, ma ogni caso è a sé.

Mangiare certi cibi è infatti deleterio per alcuni pazienti, ma non per altri. E lo stress può peggiorare o scatenare i sintomi per molti, ma non per tutti.

È quindi importante cercare di individuare i propri punti deboli, magari tenendo un diario nel quale annotare tutti i giorni, per qualche settimana, la frequenza e l’intensità dei sintomi, oltre ai cibi consumati, alle attività svolte e a eventuali situazioni di stress.

Alla base di questa sindrome potrebbero però esserci anche una predisposizione familiare o un’ipersensibilità del colon, ma anche i cambiamenti ormonali (che spiegherebbero la maggiore incidenza nelle donne) o un’infezione intestinale.

Troppo poca vitamina D?

Anche se le cause sono sicuramente molteplici e soggettive, è stata recentemente messa in luce una relazione molto stretta fra questa sindrome e la vitamina D.

Scarsi livelli di questa vitamina erano già noti per essere implicati nella patogenesi di malattie infiammatorie dell’intestino e anche del cancro al colon-retto, ma per la prima volta uno studio scientifico ne ha evidenziato la carenza in una percentuale molto alta di pazienti affetti da colon irritabile.

Pur trattandosi di uno studio preliminare, condotto su un numero molto limitato di pazienti, vale sicuramente la pena indagare ulteriormente questa associazione: potrebbe infatti essere utile sia misurare i livelli di vitamina D in tutti i pazienti con questa sindrome, mediante un semplice esame del sangue, sia valutare gli effetti della sua integrazione.

Eliminare alcuni cibi, ma senza esagerare

I trattamenti farmacologici contro la sindrome del colon irritabile, come gli antidiarroici o gli antispastici, aiutano solo a controllarne i sintomi, ma non influiscono sulla causa scatenante.

Per quanto riguarda la dieta, non esiste una lista univoca di cibi da eliminare o da preferire, anche se in generale è bene evitare i grassi e i fritti, oltre agli alimenti ricchi di zuccheri, che possono favorire un’eccessiva fermentazione all’interno dell’intestino.

Questo non vuol dire però escludere dalla propria dieta qualunque tipo di frutta o verdura, spesso messi sotto accusa perché ritenuti la principale causa del gonfiore; il rischio sarebbe infatti quello di non fornire all’organismo vitamine e sali minerali importanti per il suo funzionamento.

Discutere della propria dieta con un nutrizionista potrebbe quindi essere utile per essere certi di assumere tutti i nutrienti importanti, e valutare l’eventuale necessità di integratori.

Come regola generale, sarebbe opportuno fare attenzione a questi alimenti.

Latticini Latte, formaggi, gelato
Verdure Cavoli, carciofi, cipolle, rucola, cetrioli, patate
Frutta Pesche, pere, prugne, uva
Bevande Caffè, tè, bibite gassate
Altro Legumi, carne in scatola, carni conservate, dolcificanti

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Lisa Trisciuoglio
Lisa Trisciuoglio
Milanese di nascita, cresce alle porte della metropoli, dove ritorna per frequentare la Facoltà di Scienze biologiche all’Università statale di Milano. Fin dalla tesi di laurea decide di dedicarsi alla ricerca scientifica, prima all’Istituto europeo di oncologia, poi in un laboratorio del Dibit, all’Ospedale San Raffaele di Milano, dove consegue un PhD in biologia cellulare e molecolare. In quegli anni, accanto alla passione per la ricerca, matura anche l’interesse per la divulgazione scientifica. Al termine del PhD, decide infatti lasciare il camice e le provette per entrare nel mondo dell’editoria medico-scientifica. Durante lo svolgimento del Master in “Comunicazione e salute: dall’informazione alla formazione”, presso la Facoltà di Farmacia dell’Università di Milano, fa la sua prima esperienza in un’agenzia di comunicazione scientifica, e da quel momento intraprende diverse collaborazioni nell’ambito della medicina e della salute, sia verso il grande pubblico sia nei confronti del medico e del farmacista. Nel frattempo, inizia anche la sua avventura di mamma, prima di Anna e dopo qualche anno del piccolo Giacomo. Da quel momento in poi la sua vita si divide fra la famiglia e il lavoro, che continua a svolgere come freelance per diverse agenzie di comunicazione ed editoria scientifica.

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