Lo stato di salute della prostata (l’organo che negli uomini si trova alla base dell’uretra e che contribuisce alla formazione del liquido seminale) oggi viene spesso valutato sottoponendosi ad analisi mediche.
Uno degli esami più noti per ottenere informazioni sullo stato della prostata è il test del PSA, l’antigene prostatico specifico, una proteina che viene prodotta dalle cellule della prostata. Si tratta di un test di semplice esecuzione che permette di verificare la concentrazione ematica di PSA.
Il test può essere prescritto per cercare di scoprire la causa di alcuni sintomi, come la presenza di sangue nello sperma o nelle urine, un fastidioso dolore durante la minzione o la difficoltà a urinare. I valori di PSA devono però essere interpretati dal medico e, a volte, per comprendere se il sospetto di una patologia alla ghiandola prostatica sia fondato, sono necessari ulteriori esami.
Valori del PSA: cosa sono?
L’antigene prostatico specifico è una glicoproteina prodotta dalla ghiandola prostatica. È parte del liquido seminale e svolge un ruolo chiave per coadiuvare la mobilità degli spermatozoi.
Il PSA viene prodotto specificatamente dal tessuto prostatico, sia che questo sia normale, accresciuto (in caso di ipertrofia), oppure tumorale. Più è grande la ghiandola prostatica, maggiore sarà la quantità di PSA prodotto.
Inoltre, in genere, il livello di PSA è maggiormente elevato se a produrlo è un tessuto tumorale.
Il PSA nel sangue può essere o meno associato a degli enzimi: si parla quindi di PSA totale quando vengono misurate entrambe le forme.
I valori di riferimento del PSA dipendono dall’età dell’individuo che si sottopone a questo test, in quanto la produzione di questa proteina tende ad aumentare il passare degli anni. Inoltre, in genere l’esame dell’antigene prostatico specifico si accompagna a una esplorazione rettale eseguita dallo specialista in urologia per valutare eventuali alterazioni anatomiche della prostata.
Test del PSA: cos’è e come si fa
Il test dell’antigene prostatico specifico (PSA) è un esame di laboratorio che prevede un semplice prelievo di sangue. A meno che non ci sia una storia familiare di tumori prostatici in giovane età, in genere l’esame del PSA viene prescritto a partire dai 50 anni.
Nonostante sia un esame prescritto a molti uomini e gli esperti siano concordi nel considerare il dosaggio del PSA molto utile come marcatore per il controllo e il monitoraggio nel tempo di pazienti con una neoplasia alla prostata (per esempio un carcinoma prostatico) già sottoposti a un trattamento, come per esempio la radioterapia o la terapia ormonale, esistono tuttora dei dubbi sulla sua utilità come esame di screening per la diagnosi precoce del cancro alla prostata.
Un rischio che è stato più volte evidenziato è quello di una sovradiagnosi: sono molti i casi, infatti, in cui con il test del PSA si arriva a diagnosticare una neoplasia della prostata con cui il paziente avrebbe potuto convivere per tutta la vita senza percepire alcun sintomo e senza avere quindi alcun peggioramento della qualità di vita. Generalmente, in questi casi il tumore della prostata non è aggressivo, non si diffonde e non rappresenta un rischio per la salute del paziente.
Il test del PSA, inoltre, nonostante sia caratterizzato da una discreta sensibilità (quindi non c’è un’alta probabilità di falsi negativi, ossia pazienti con tumore alla prostata che presentano valori di PSA nella norma), ha una specificità non ottimale: ciò significa che si possono ottenere molti “falsi positivi”, ossia casi in cui, nonostante valori del PSA sopra la norma, non viene poi rilevata alcuna neoplasia prostatica. Alti valori di PSA nel sangue potrebbero essere causati, per esempio, da una ipertrofia prostatica benigna (detta anche iperplasia prostatica benigna). Si tratta di un aumento di volume della ghiandola prostatica non dovuto a una neoplasia, ma che, per esempio in caso di compressione e ostruzione del canale uretrale, può causare alcuni disturbi, come una fastidiosa difficoltà a urinare.
Un’altra patologia che può causare un innalzamento dei livelli ematici di PSA è la prostatite: si tratta di un’infiammazione della prostata che può essere o meno di natura batterica e che può manifestarsi in forma acuta o cronica (l’aumento del PSA è più frequente nel primo caso). Anche un’infiammazione delle vie urinarie può alterare i valori di questo antigene.
Oltre a queste patologie e all’età, ci sono altre situazioni o condizioni che possono influenzare l’esito dell’esame del PSA, senza però che ci sia una patologia della prostata in corso. Ad alzare i livelli di antigene prostatico specifico potrebbero contribuire eventi come un recente rapporto sessuale con eiaculazione. In altri casi, valori alti di PSA sono l’effetto di una visita con esplorazione rettale, di una ecografia transrettale o dell’inserimento di un catetere in vescica. Infine, anche minimi traumi provocati da un’intensa attività fisica o da un uso frequente di biciclette o moto potrebbe far sì che il livello di PSA risulti superiore alla norma.
Per ridurre quindi il rischio di ottenere risultati “falsati”, è bene non sottoporsi al prelievo del sangue per verificare i livelli di PSA se si ha un’infezione (urinaria e/o prostatica) in corso, se si ha svolto una consistente attività fisica o si ha avuto un rapporto sessuale nelle 48-72 ore precedenti all’esame. Inoltre, è bene ricordare che anche alcuni prodotti erboristici indicati per la salute della prostata possono alterare i risultati di questo test.
Si può affermare quindi che un elevato livello di antigene prostatico specifico nel sangue può indicare la presenza di una patologia benigna, di un tumore, oppure essere l’effetto un fattore temporaneo. In generale, però più elevato è il PSA nel sangue, più alta è la probabilità della presenza di un tumore: ecco perché valori di PSA sopra alla norma vanno sempre sottoposti al proprio medico curante, che valuterà l’eventuale necessità di ulteriori indagini.
Valori normali di PSA
Il valore di antigene prostatico specifico (PSA) che viene ritenuto, in genere, nella norma, è inferiore ai 4 ng/ml. Come ricordato in precedenza, i valori di PSA tendono però a variare con l’età, parallelamente allo sviluppo della prostata. Questo organo, infatti, rimane sopito durante gli anni dell’infanzia, per poi svilupparsi a partire dalla pubertà e svolgere la sua funzione fondamentale per la riproduzione.
Man mano che l’età avanza, spesso la prostata va incontro a un aumento del suo volume, che causa anche un aumento dei valori di PSA. Quindi, se in un uomo di 70 anni un valore di antigene prostatico specifico (PSA) che supera la soglia dei 4 ng/ml potrebbe non destare grande stupore, se lo stesso valore viene rilevato in una persona di 47 anni, ci si potrebbe trovare davanti a un caso fortemente sospetto di una qualche patologia, anche tumorale, della ghiandola prostatica. Per gli uomini sotto i 50 anni, infatti, si ritiene ragionevole considerare normale un valore ematico di PSA più basso, pari a 2,5 ng/ml.
La necessità di prestare attenzione alla prevenzione deriva dal fatto che nelle fasi iniziali il tumore alla prostata è del tutto asintomatico. In seguito, può dare però origine ad alcuni sintomi, come la difficoltà a urinare o, viceversa, la necessità di urinare di frequente. La presenza di sangue nelle urine o nello sperma è un altro “campanello d’allarme” che dovrebbe spingere a rivolgersi al proprio medico, per eseguire gli accertamenti del caso, come per esempio una biopsia prostatica ecoguidata (trans rettale o trans perineale).
Nei casi in cui si accerta la presenza di un tumore della ghiandola prostatica, sono disponibili numerosi percorsi da intraprendere per un trattamento calibrato sulle caratteristiche del paziente. È così che in alcuni casi si opta per aspettare e valutare come evolve il tumore, eseguendo però la misura del PSA con più frequenza, così come gli esami rettali e la biopsia. Nei casi in cui si debba intervenire con più “vigore”, si sceglie di ricorrere alla chirurgia. La prostatectomia radicale (la rimozione della prostata) è considerata un intervento risolutivo, qualora il tumore non si sia diffuso. Nei casi in cui il tumore è in uno stato particolarmente avanzato, in genere si ricorre a trattamenti di radioterapia e ormonoterapia.