Malesseri fisici, anche severi, ma nessuna alterazione organica evidente su cui intervenire. In molti casi bisogna arrendersi all'evidenza che l'origine dei disturbi è soprattutto psicologica. E agire di conseguenza.
I sintomi ci sono, ma trovare la malattia che potrebbe causarli sembra impossibile. Gli esami di laboratorio e strumentali sono nella norma o, comunque, privi di alterazioni correlabili ai disagi che si provano. Eppure, le fitte allo stomaco sono ricorrenti, digerire è difficile, la nausea frequente e il transito intestinale disordinato.
Oppure, la vista sembra offuscata, ma l'oculista garantisce che è tutto ok. Il mal di testa non dà tregua, neppure se si assume l'analgesico. La lombalgia è persistente, ma immotivata, dato che chi ne soffre è giovane, mediamente attivo, privo di ernie o artrosi vertebrale significativa. Di che si tratta?
La causa non c'è, ma i sintomi sì
Per secoli, in relazione alle conoscenze scientifiche delle varie epoche, situazioni di questo tipo sono state considerate dai medici "mali immaginari", meritevoli forse di un po' di comprensione, ma di nessuna terapia che non fosse un po' di riposo, una vacanza o una dieta migliore. Oggi invece si tende a farle rientrare in due gruppi di disturbi, in parte sovrapposti.
Uno è quello delle malattie "idiopatiche", termine pseudoscientifico usato per non dire troppo apertamente che non si riesce a individuare l'origine di un problema di salute e non lo si sa spiegare. L'altro è quello delle malattie "psicosomatiche", condizioni primariamente indotte non da un'alterazione organica, ma dall'influenza sfavorevole di uno stato psicologico su una o più funzioni fisiologiche.
In entrambi i casi, di immaginario c'è ben poco e il malessere del paziente, benché privo di interpretazione certa, è assolutamente reale. La principale differenza tra i due gruppi di disturbi è che la malattia idiopatica, a un certo punto, può smettere di esserlo se la ricerca medica individua una causa organica plausibile, mentre quella propriamente psicosomatica rimarrà sempre tale perché l'origine sta altrove.
Per stare meglio, va curato il vero problema
Posto che i sintomi e le manifestazioni lamentate da chi soffre di una malattia psicosomatica sono effettivi, il primo passo per avviare il miglioramento è cercare di alleviarli. Tuttavia, in questi casi, usare un farmaco contro i disturbi gastrointestinali, il dolore o le contratture muscolari può non dare alcun esito o offrire soltanto un beneficio limitato perché il problema principale è a livello psicoemotivo.
Se si vuole davvero stare meglio, dunque, non è al gastroenterologo, all'ortopedico o al neurologo che ci si deve rivolgere, ma a uno psicologo o a uno psichiatra esperto di malattie psicosomatiche o, per usare un termine più tecnico, di disturbo da sintomi somatici o "somatoforme".
Spesso, per il paziente con un problema di questo tipo è difficile accettare che i propri disturbi, così marcatamente "fisici", possano essere indotti da "banali stati d'animo", erroneamente ritenuti ininfluenti sul piano organico, e ciò ritarda notevolmente la diagnosi e la risoluzione del disturbo. Invece, bisogna avere fiducia e seguire il consiglio.
L'esperienza clinica insegna che nel 60-70% dei casi di disturbo da sintomi somatici la psicoterapia può migliorare significativamente il livello di benessere globale (fisico e psicoemotivo), in misura proporzionale alla disponibilità del paziente di inquadrare i malesseri lamentati nel loro effettivo contesto e alla sua capacità di attenuare l'ansia legata alla "natura oscura" del disagio e reagire alla frustrazione determinata dall'apparente difficoltà di eliminarlo.
L'aspetto chiave è imparare a comprendere meglio se stessi e le proprie reazioni nei confronti degli eventi della vita, a saper riconoscere il proprio malessere psicologico ed essere consapevoli che mente e corpo non sono due entità distinte, ma un tutt'uno continuamente interagente.
A dimostrarlo sono numerose evidenze scientifiche. Moltissime funzioni fisiologiche fondamentali, come la digestione, il battito cardiaco, il tono dei vasi sanguigni, la reattività immunitaria, il desiderio sessuale e la fertilità, sono infatti direttamente influenzate da messaggi neuroendocrini inviati dal sistema nervoso centrale a ghiandole e organi periferici, secondo un equilibrio estremamente complesso e articolato.
Ogni disagio di ordine psicoemotivo, quindi, può compromettere in modo anche severo una o più funzioni dell'organismo, mimando a tutti gli effetti una malattia “fisica”. In aggiunta, la psiche è cruciale nel definire la sensibilità e la tolleranza al dolore, al punto che anche l'analgesico più efficace può rivelarsi incapace di attenuare un dolore di origine primariamente psicologica, che può invece migliorare, fino a scomparire, analizzando il problema a monte.