Sono tante le differenze nelle abitudini alimentari tra uomini e donne. Il perché ce lo spiega la scienza.
In termini tecnici si chiama “medicina di genere” ed è un approccio alla salute che tiene conto delle peculiarità fisiologiche, psicologiche, sociali e culturali che rendono uomini e donne profondamente diversi in termini di suscettibilità alle patologie, risposta ai farmaci, reazione alla malattia, percezione dello stato fisico.
Ci sono differenze di genere in tutte le dimensioni della salute, ivi compresa quella della nutrizione, che da alcuni anni viene sempre più identificata come possibile fattore di rischio e utile strumento di prevenzione per un ampio spettro di malattie, da quelle cardiovascolari ai tumori.
Le ragioni biologiche della dieta di genere
Le diversità tra uomini e donne rilevanti dal punto di vista sanitario sono le componenti biologiche propriamente legate al sesso – differenze anatomiche, modalità e ritmi di sviluppo e di invecchiamento, assetto ormonale, adattamenti fisiologici allo stato riproduttivo (cicli mestruali, gravidanza, allattamento, menopausa) – e le componenti psicosociali legate ai ruoli culturalmente attribuiti all'identità maschile e femminile.
Nell'ambito delle scienze della nutrizione, un'approfondita ricerca italiana ha scoperto che l'organismo maschile e quello femminile si differenziano nel funzionamento nella regolazione della assunzione, dell'assimilazione e dell'utilizzo degli alimenti.
Per esempio esistono differenze nell'attività delle aree cerebrali implicate nello stimolo della fame e del senso della sazietà, in alcuni sistemi enzimatici e negli equilibri endocrini che incidono sul metabolismo dei diversi nutrienti.
Differenti anche nelle scelte
Per motivi più squisitamente culturali uomini e donne si distinguono anche negli stili dietetici.
È quanto emerge dall'ampia revisione della letteratura sulle abitudini alimentari nei paesi occidentali di recente pubblicata da un gruppo di ricercatori dell'Istituto Nazionale per gli Alimenti e la Nutrizione.
Sembra esserci infatti una propensione femminile verso un'alimentazione più sana (cibi meno ricchi di grassi, consumo regolare di frutta e verdura), legata sia a una maggiore consapevolezza dell'importanza di quest'ultima per la salute sia a una più forte motivazione al controllo del peso corporeo.
Gli uomini, in linea di massima meno vincolati da standard culturali e sollecitazioni sociali, sono meno preoccupati di mantenere la linea e meno ricettivi rispetto alle raccomandazioni nutrizionali.
In pratica, nella selezione degli alimenti le donne sono guidate prevalentemente da considerazioni di carattere dietetico e da fattori psicologici e culturali legati alla percezione del corpo, mentre gli uomini si comportano tendenzialmente in modo un po' meno razionale e critico, scegliendo i cibi in base al gusto personale o alle abitudini acquisite.
Anche la funzione attribuita al cibo e all'atto di mangiare ha un connotato di genere: le donne sono più spesso soggette al cosiddetto “craving”, il desiderio intenso di un particolare cibo con una predilezione per i cibi dolci, anche in funzione antistress, ma tendono a vivere gli attacchi di fame con sensi di colpa; per gli uomini, invece, l'occasionale scorpacciata è spesso associata a uno stato d'animo positivo.
Più vulnerabili rispetto alle pressioni sociali, le donne hanno con il cibo un rapporto complesso e incorrono con maggiore frequenza (3-8 volte superiore) degli uomini in disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia, binge eating).
Meno influenzati da obiettivi salutistici e canoni estetici, gli uomini hanno con il cibo un rapporto più disinvolto e rilassato, ma più spesso delle donne presentano sovrappeso, ipercolesterolemia e sindrome metabolica, e sono quindi più a rischio per le condizioni patologiche connesse (coronaropatia, ictus, diabete).
Pari diritti anche nel piatto
Il riconoscimento dell'importanza che le differenze di sesso e di genere rivestono nell'ambito sanitario è relativamente recente.
Fino a una trentina di anni fa la ricerca scientifica è stata centrata quasi esclusivamente sul modello maschile: gli studi venivano effettuati su campioni composti prevalentemente o soltanto da uomini e i risultati così ottenuti con le relative applicazioni (indicazioni terapeutiche, misure preventive, messaggi educativi, ecc) venivano estesi tout court alla popolazione femminile.
Ma questo è un settore nel quale l'equiparazione tra i due sessi non ha portato a parità di diritti; al contrario, una scienza medica costruita letteralmente “a misura d'uomo” si è spesso rivelata penalizzante per la salute della donna.
È solo nel 1985 che per voce di una delle più autorevoli istituzione sanitarie, i National Institutes of Health statunitensi, l'esclusione delle donne dalla sperimentazione clinica viene ufficialmente additata come una grave lacuna conoscitiva e che la prospettiva di genere viene indicata come criterio fondante della futura programmazione degli interventi sanitari.
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