- Come viene descritta la congestione
- Quali sono i sintomi?
- Cosa fare in caso di congestione?
- Il rischio in acqua esiste?
- Regole di buon senso
Basta davvero aspettare alcune ore dopo i pasti prima di concedersi un bagno per evitare questo disturbo o non tutto quello che sappiamo in merito è corretto? Scopriamolo insieme.
Siamo abituati a sentir parlare di congestione soprattutto all’approssimarsi dell’estate, delle vacanze al mare e delle innumerevoli occasioni di un bagno che dia sollievo dal calore. Tradizionalmente, infatti, si parla di tale malessere in riferimento a un blocco della digestione che si potrebbe verificare immergendosi in acqua fredda proprio mentre l’apparato gastrointestinale è impegnato nei processi digestivi, con conseguenze che potrebbero essere anche letali. Da qui la regola classica che più o meno tutti abbiamo imparato a conoscere sin da bambini: niente tuffi in mare per almeno 2-3 ore dopo mangiato.
Ma è davvero così? C’è realmente un rischio legato all’immersione in acqua subito dopo un pasto?
Anticipiamo subito che già da alcuni anni molti medici cercano di sottolineare come non esistano evidenze scientifiche dell’esistenza di un effettivo pericolo di una congestione digestiva in acqua: anche la FNOMCeO (la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri) ha cercato di chiarire la questione attraverso il proprio portale “Dottore ma è vero che?”, nato per l’appunto con l’obiettivo di arginare fenomeni di disinformazione o informazione parziale nell’ambito della salute. Cerchiamo quindi di approfondire l’argomento.
Come viene descritta la congestione
Congestione intestinale, congestione digestiva o semplicemente congestione: tre modi per indicare lo stesso problema, cioè, come anticipato, un blocco dell’attività digestiva in conseguenza di uno sbalzo di temperatura cui ci si espone durante o subito dopo un pasto.
Generalmente tale sbalzo si verifica immergendosi in acqua fredda per un bagno, ma anche consumando una bibita (o una bevanda in generale) ghiacciata o, ancora, trovandosi, a stomaco pieno, in un ambiente particolarmente freddo senza adeguata protezione (d’estate, per esempio, in un ambiente con una forte emissione di aria condizionata o, d’inverno, uscendo all’aperto, magari, per chi ha il vizio del fumo, con la scusa di una pausa sigaretta tra una portata e l’altra, senza essere sufficientemente coperti).
La congestione viene spiegata generalmente col fatto che quando si mangia, si registrerebbe, grazie a un meccanismo di vasodilatazione a livello intestinale, un forte afflusso sanguigno verso l’organo impegnato nella digestione. Se però in questa fase ci si immerge in acqua fredda, per via dello sbalzo termico che ne deriva, si verificherebbe poi un deflusso della circolazione, richiamata dal cervello per ristabilire la temperatura basale, con conseguente blocco dell’attività digestiva.
Altre volte, invece, si sottolinea come proprio l’immersione in acqua fredda a digestione in atto provocherebbe un eccessivo afflusso di sangue all’addome che finirebbe per rallentare o bloccare i processi digestivi.
Quali sono i sintomi?
In ogni caso il risultato sarebbe appunto una congestione digestiva, caratterizzata da una serie di sintomi:
- pallore
- brividi a fior di pelle
- sudorazione fredda
- dolore addominale
- crampi
- nausea
- mal di testa
- conati di vomito
- spossatezza
- capogiri
- calo di pressione
- perdita dei sensi.
Nei casi più gravi si arriva a parlare di un vero e proprio collasso cardiaco.
Si tratta di disturbi che possono creare difficoltà di vario genere fuori dall’acqua ma che, come spesso viene sottolineato, potrebbero risultare davvero pericolosi qualora si manifestassero mentre si è in mare o anche in piscina, associandosi a un eventuale rischio di annegamento.
Cosa fare in caso di congestione?
Generalmente, se c’è la possibilità, al primo segno di malessere, il trattamento consigliato è quello di distendersi con piedi e gambe sollevati rispetto alla testa, tenendo al caldo la pancia.
Se la persona che si sente male è in acqua, va aiutata a uscire (eventualmente anche chiamando i soccorsi), asciugata e riscaldata, e poi stesa con le gambe sollevate.
Appena la temperatura corporea si è ristabilita, può essere utile assumere liquidi tiepidi a piccoli sorsi. Generalmente tutto si risolve nell’arco di 2-3 ore.
Solo nei casi più seri, per esempio se il soggetto ha perso i sensi, si consiglia di rivolgersi al Pronto soccorso.
Il rischio in acqua esiste?
Se ricerchiamo questa domanda sul già citato portale informativo voluto dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, scopriamo che la risposta è negativa: non ci sono prove scientifiche che immergersi in acqua subito dopo mangiato sia pericoloso.
Non solo, si riporta una dichiarazione del pediatra Lucio Piermarini che, attraverso UPPA.it - Un pediatra per amico (risorsa informativa creata da specialisti e dedicata alle donne in gravidanza e neomamme), spiega come la stessa esistenza della congestione non trovi reali riscontri: «Se andiamo a cercare sulle riviste scientifiche, da banali medici conformisti, non troviamo nemmeno il corrispettivo del termine “congestione”. Una cosa tutta italiana insomma, un po’ come la “cervicale”» rivela il medico.
Anche l’International Life Saving Federation (l’organizzazione mondiale per la sicurezza in acqua) ha pubblicato un documento ufficiale in cui dichiara che non ci sono prove che mangiare prima di nuotare aumenti, rispetto alla popolazione generale, il rischio di annegamento. E anche se dopo i pasti si possono avvertire nausea, vomito e dolore addominale, la relazione causale tra questi fenomeni e il rischio di annegamento non è stata riportata né studiata. Pertanto non possono essere basate su prove scientifiche eventuali raccomandazioni sulla quantità e sul tipo di alimentazione che ci si può concedere prima di entrare in acqua, così come sui tempi di attesa prima di un bagno (tradizionalmente, si pensa che l’attesa debba essere più lunga nel caso in cui sia stato consumato cibo particolarmente impegnativo da digerire per l’apparato gastrointestinale).
Del resto anche i Centers for Disease Control and Prevention, ovvero i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (importante organismo di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti d'America), elencando i fattori che espongono al rischio di annegamento, non fanno alcuna menzione relativa alla congestione.
In generale, in relazione alla dieta prima del bagno in acqua, solo il consumo di alcolici rappresenta un fattore di rischio, perché interferisce con i riflessi, l’equilibrio, la coordinazione dei movimenti, la capacità di valutare possibili pericoli e di prendere decisioni in tempi rapidi, tutti elementi preziosi quando si è in acqua.
C’è piuttosto un rischio di annegamento, connesso all’acqua fredda, nella cosiddetta idrocuzione (nota anche come sindrome da immersione o, ancora, sincope da immersione rapida). Si tratta, in parole molto semplici, di uno svenimento che si può verificare quando ci si immerge molto rapidamente in acqua estremamente fredda, perché l’immersione è capace di innescare un particolare riflesso del nervo trigemino (il quinto dei nervi cranici, che, attraverso le sue ramificazioni, raggiunge e innerva gran parte del volto, compresi, per esempio, occhi, mandibola, fronte, naso) che può portare anche a un arresto cardiorespiratorio e/o ad annegamento.
C’è chi anche in questo caso chiama in causa fattori digestivi, oppure traumatici o anche il rilascio di istamina (sostanza che entra in gioco anche nelle allergie), ma a tal proposito Riccardo Ristori, medico di emergenza e urgenza e direttore scientifico di Salvamento Academy (società che si occupa dello studio e della diffusione del primo soccorso), proprio cercando di sfatare i miti relativi alla congestione e ai rischi di annegamento, ha ribadito come, in base agli studi esistenti, si tratti esclusivamente di uno shock termico, tanto che, come egli stesso ha spiegato: «Oggi il termine idrocuzione è stato cambiato in shock da freddo (cold shock)».
Ristori spiega inoltre che, perché tale condizione possa verificarsi, non solo la temperatura dell’acqua deve essere molto fredda, al di sotto cioè dei 10 gradi (più facilmente sotto i 5 gradi), ma è anche necessario che l’immersione avvenga con la faccia. Per mettersi al riparo da questo specifico pericolo è quindi importante evitare di immergersi in acque troppo fredde e, in generale, avere sempre un approccio graduale all’acqua (per esempio bagnando prima le mani e con esse le braccia e poi il volto, o, come fanno molti che praticano sport acquatici, fare una doccia a temperatura ambiente prima di entrare in acqua).
Regole di buon senso
Via libera dunque alle bevande ghiacciate e agli sbalzi termici in fase digestiva? Il buon senso ci dice no, soprattutto dopo una colazione, un pranzo o una cena particolarmente abbondanti e pesanti perché, anche se non risulta corretto parlare di congestione e non ci sono prove che si rischi l’annegamento, si può comunque fare i conti con crampi, nausea, dolori addominali e difficoltà digestive di un pasto “rimasto sullo stomaco” che, per quanto si risolvano generalmente nell’arco di poche ore, non sono comunque piacevoli.
Ma può bastare davvero poco per evitare simili inconvenienti: può essere consigliabile per esempio limitare a poche occasioni le grandi abbuffate (quelle, per intenderci, che abbondano in grassi e proteine a discapito di frutta, verdura e carboidrati, e, richiedendo un grande impegno digestivo, favoriscono pure il sonno post-prandiale). E se ci si deve esporre a basse temperature durante o subito dopo i pasti, può essere sufficiente coprirsi adeguatamente.