Per qualcuno il caffè è un toccasana contro il mal di testa, per qualcun altro uno “stimolo” che lo attiva.
La relazione tra caffè e mal di testa è molto complessa: troppe tazzine possono facilitare gli attacchi, ma può farlo anche l'astinenza nella cosiddetta “cefalea da weekend”, della quale è una concausa la riduzione della bevanda (bevuta più di frequente durante i giorni lavorativi per prendersi una pausa o vincere la sonnolenza), sommata magari a poche ore di sonno e qualche bevuta di troppo.
Il mal di testa da astinenza da caffeina è stato provato anche da una ricerca del College of Medicine alla University of Vermont di Burlington (Usa), con la paradossale conseguenza che chi ne soffre cerca di curarselo bevendo caffè, aumentando così la dipendenza e l'effetto "rebound" quando non lo beve: il rischio è la cefalea cronica e le più soggette, secondo la ricerca, sono le donne giovani, soprattutto se geneticamente predisposte.
Un rapporto ambivalente, insomma, che si spiega anche col fatto che non esiste un solo mal di testa, ma tanti tipi di dolore (cefalea tensiva, a grappolo, emicrania, pulsante o no, con aura o no, con altri sintomi come nausea, vertigini, abbagliamenti e così via) sui quali il caffè può avere effetti differenti.
Caffè: amico o nemico del mal di testa?
Di fatto, molte persone non affette da mal di testa grave, ma solo occasionale, utilizzano una tazza di caffè forte non zuccherato per alleviarlo, senza bisogno d'altro: a determinare l'effetto benefico è la lieve azione vasocostrittrice sulla circolazione del sangue, che restringe le arterie del cranio che in alcuni tipi di mal di testa, come l’emicrania, si dilatano eccessivamente.
Per aumentarne l'efficacia, può essere utile distendersi per almeno mezz'ora in una stanza in penombra e silenziosa, in modo da rilassarsi completamente.
Su altri soggetti, però, la caffeina potrebbe scatenare anche un effetto opposto, in quanto sembra avere la capacità di aumentare la concentrazione di acidi grassi liberi nel plasma; la loro conversione in altre sostanze, come le prostaglandine, potrebbe innescare la vasodilatazione che prelude alla crisi emicranica.
Chi soffre di mal di testa, insomma, dovrebbe innanzitutto tenere conto della propria risposta personale al caffè e decidere se utilizzarlo come supporto non farmacologico o evitarlo in maniera preventiva, magari provando a sostituirlo col decaffeinato.
L’effetto antidolorifico della caffeina
Come la mettiamo allora col fatto che la farmacologia, da tempo, sfrutta l'effetto coadiuvante della caffeina come antidolorifico?
Spiega Gioacchino Tedeschi, direttore del Dipartimento di Scienze neurologiche dell’Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli”: «Mentre non ci sono studi sperimentali che avvalorino i racconti dei pazienti che si svegliano col mal di testa e sostengono che l'unica cosa che glielo fa passare è una tazzina di espresso appena alzati dal letto, ci sono invece evidenze che la caffeina funziona nell'attacco acuto di emicrania, caratterizzata da una sintomatologia dolorosa intensa, unilaterale e pulsante, più che nel mal di testa tout court. L'emicrania è dovuta a una vasodilatazione dei vasi intracranici extracerebrali; l'effetto vasocostrittore della caffeina può perciò avere una valenza positiva. Molti medicinali uniscono il potere di una molecola analgesica e antinfiammatoria di sintesi con quello della caffeina, in differenti proporzioni. L'aiuto deriva anche dal fatto che la caffeina facilita l'assorbimento dei farmaci, perché passa nel sangue velocemente, tra i 40 e i 90 minuti».
E questo spiega perché “la tazzullela” piace a molti non solo per la soddisfazione del palato, ma per gli effetti su attenzione e concentrazione e, quindi, anche sul dolore.
Occhio però al consumo cronico ed eccessivo: «La caffeina si trova in tante bevande, dal tè agli energy drink, fino alle bevande a base di cola – avverte Gioacchino Tedeschi – e il consumo smodato di questa sostanza dall'effetto stimolante sul sistema nervoso centrale può scatenare attacchi emicranici o trasformare attacchi episodici in cronici. Aggiungiamoci anche il fatto che il caffè può disturbare il sonno, e questo ovviamente peggiora l'emicrania».
In generale, 300-400 mg di caffeina quotidiana sono una quantità ragionevole per tutti, considerando che il contenuto medio di una tazza è per l'espresso e per la moka di 60-120 mg (35-50 ml) e per il caffè americano (100 ml) di 95-125 mg.
Cosa dicono gli studi
Le ricerche sul rapporto tra caffè e salute, comunque, sono moltissime. Per esempio, i ricercatori della Mayo Clinic di Rochester, negli Stati Uniti, hanno dimostrato che, se ai pazienti viene somministrato del caffè prima di un intervento chirurgico, si ottiene una significativa riduzione delle cefalee post-operatorie.
Il caffè sembra efficace anche sulla cefalea ipnica notturna, che si manifesta improvvisamente soprattutto nelle persone anziane: una tazza di caffè prima di andare a letto può migliorare l'effetto dei farmaci e ridurre gli attacchi, a patto che non interferisca con il riposo notturno.