Ecografia e mammografia sono gli esami più utilizzati per lo screening e la diagnosi di tumore al seno.
La ghiandola mammaria può essere interessata da diversi tipi di tumore, sia benigni sia maligni.
Tra le neoplasie benigne la più comune è il fibroadenoma, che colpisce prevalentemente in giovane età, insorgendo spesso prima dei 30 anni. Si manifesta di solito con la comparsa di un nodulo costituito sia dal tessuto ghiandolare sia dal tessuto connettivo che lo circonda.
I tipici tumori maligni della mammella sono invece adenocarcinomi, chiamati così perché si sviluppano dalle cellule del tessuto ghiandolare o all’interno dei lobuli secernenti il latte (cellule lobulari) o nella parete dei dotti galattiferi che convogliano il latte verso il capezzolo (cellule duttali).
A seconda del grado di estensione del tessuto tumorale si distinguono:
- i carcinomi lobulari o duttali in situ (o intraepiteliali), così detti in quanto sono limitati alla parete del lobulo o del dotto nel quale insorgono;
- i carcinomi lobulari o duttali infiltranti, così chiamati perché coinvolgono anche i tessuti adiacenti.
Tra le forme infiltranti, il carcinoma duttale, che rappresenta la forma più frequente (70-80%) di cancro al seno, tende a presentarsi come un nodulo isolato, mentre il carcinoma lobulare, più raro, può svilupparsi contemporaneamente in più punti di una o di entrambe le mammelle.
Sintomi
I tumori mammari non producono sintomi caratteristici, se non quando diventano rilevabili come noduli alla palpazione o quando, interessando anche i tessuti di sostegno della ghiandola, provocano modificazioni strutturali che si rendono visibili all’esterno.
In questi casi si possono riscontrare:
- variazione della dimensione o della forma della mammella
- infossamenti della cute (pelle a buccia d’arancia)
- protuberanze o ispessimenti superficiali
- alterazioni infiammatorie della cute localizzate in una zona della mammella o all’areola
- modificazioni di forma o retrazione del capezzolo
- secrezione di siero o di sangue dal capezzolo
- rigonfiamenti a livello dell’ascella.
Il dolore è spesso assente, almeno nelle prime fasi dello sviluppo tumorale; e comunque il dolore mammario (mastodinia) non è di per sé indicativo di una neoplasia, in quanto può essere associato a lesioni benigne (fibroadenoma, mastopatia fibrocistica) o anche indipendente dalla presenza di lesioni.
Diagnosi
Il primo approccio diagnostico ai tumori mammari è senz’altro la visita senologica, che attraverso la palpazione della ghiandola e delle stazioni linfonodali associate può individuare le alterazioni strutturali di dimensioni rilevabili.
I tumori in fase iniziale, invece, non percepibili al tatto, possono essere diagnosticati solo attraverso esami strumentali specifici.
In prima battuta, per identificare sede e caratteristiche morfologiche del tumore nei casi sospetti vengono eseguite le indagini radiologiche: la mammografia, l’ecografia e, in alcuni casi, la risonanza magnetica, che consentono di visualizzare formazioni nodulari, microcalcificazioni e alterazioni tissutali.
Da alcuni anni è disponibile in centri specializzati anche la mammografia digitale con tomosintesi, che rispetto alla mammografia convenzionale consente un’analisi stratigrafica più approfondita della ghiandola mammaria.
Mammografia ed ecografia mammaria vengono utilizzate anche come esami di screening finalizzati alla diagnosi precoce nella popolazione generale: la prima è particolarmente indicata dopo i 40 anni di età, mentre la seconda è generalmente consigliata alle donne più giovani.
In presenza di una lesione tumorale individuata con gli esami radiologici, possono essere eseguite indagini citologiche e istologiche che permettono di identificarne le caratteristiche biologiche: tipo cellulare, grado di malignità, velocità di proliferazione, livello di infiltrazione, presenza di particolari recettori cellulari.
Il campione di tessuto necessario per questi esami viene prelevato tramite agobiopsia o agoaspirato.
In caso si proceda a intervento chirurgico, un esame istologico completo viene effettuato anche sul tessuto tumorale asportato e sui linfonodi ascellari eventualmente rimossi contestualmente.
Le informazioni ottenute con gli esami citologico e istologico forniscono una sorta di “identikit” del tumore, che è essenziale per valutarne la possibile evoluzione e per determinare il trattamento più adeguato.
Test genetici e biopsia liquida
Dopo un’accurata valutazione del singolo caso, qualora vi sia motivo di sospettare la presenza delle due mutazioni genetiche note (BRCA1 e BRCA2) che predispongono allo sviluppo del cancro della mammella e dell’ovaio, è possibile che il medico proponga alla paziente di sottoporsi a un test genetico.
Di recente sviluppo e non ancora entrata nella pratica routinaria è la cosiddetta biopsia liquida, che consiste nella ricerca nel sangue di cellule e frammenti di materiale genetico rilasciati in circolo dal tumore. Questo esame può rappresentare un’alternativa al prelievo di tessuto tumorale tramite biopsia tradizionale nei casi in cui quest’ultima sia di difficile esecuzione; inoltre, può costituire un valido strumento di monitoraggio della malattia nel tempo e durante il trattamento.