Bastano alcuni oggetti o semplici accorgimenti per compiere le normali attività quotidiane senza alcun rischio per le articolazioni.
Secondo i dati di un’indagine fotografata dalle associazioni pazienti Anmar (Associazione nazionale malati reumatici) e Apmar (Associazione nazionale persone con malattie reumatologiche e rare), il 45% delle donne con malattie reumatiche ha difficoltà a usare spazzola e phon, a truccarsi, a mettersi la crema sul viso. E circa una su cinque in cucina deve dipendere spesso da altri per svitare tappi oppure affettare gli alimenti col coltello. Spesso, inoltre, quando ci sono problemi di manualità i pazienti ricorrono a strategie fai-da-te, senza sapere che c’è una soluzione ad hoc: la terapia occupazionale.
Cos’è la terapia occupazionale
La terapia occupazionale è una metodologia recente, che è stata introdotta circa 20 anni fa in Europa da Lucion Simon dell’università francese di Montpellier.
L’efficacia di questo metodo è dimostrata da molte ricerche scientifiche, ma soprattutto dalla pratica clinica. «Certo, rispetto a un tempo abbiamo a disposizione diverse classi di medicinali che sono in grado di tenere sotto controllo lo stato di infiammazione e il danno alle articolazioni» spiega Gabriele Valentini, direttore dell’Unità di reumatologia dell’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli di Napoli. «Ma ciò non toglie che ci siano vantaggi dall’applicazione della terapia occupazionale. Sì è visto che il paziente avverte meno dolore se impara a evitare il più possibile sollecitazioni errate oppure sovraccarichi delle strutture osteoarticolari. Non è poco, anche perché questo comporta meno crisi acute e di conseguenza un utilizzo minore di farmaci antidolorifici».
Va da sé che i risultati migliori in termini di recupero si ottengano in caso di diagnosi precoce. Questo perché la malattia reumatica non ha ancora provocato grandi danni alle articolazioni. Ma è stato dimostrato che i risultati positivi ci sono anche nelle fasi avanzate della malattia: movimenti e posture scorrette nocivi per le articolazioni, infatti, si riescono a correggere anche nel caso di anziani.
Non è necessaria l’inattività
«Purtroppo c’è ancora la convinzione che per proteggere le articolazioni sia necessaria l’inattività», interviene Gabriele Valentini. «Ma non è così. Con un metodo di lavoro corretto e con i giusti oggetti si può scardinare questo preconcetto e il paziente, non avvertendo dolore, ritorna in attività».
Ci sono oggetti di emergenza che fanno parte dei passaparola tra chi soffre di una malattia reumatica. Come il tappetino del mouse per appoggiarvi il barattolo o la bottiglia da aprire, quando la presa non è facile perché le articolazioni sono particolarmente dolenti. Oppure il foglio di plastica per l’imballo di oggetti fragili, da usare per costruire al momento un’impugnatura ergonomica avvolgendolo tre, quattro volte attorno alla penna oppure alla posata.
Questi due esempi rappresentano in un certo senso la base della terapia occupazionale. «Gli oggetti che vengono progettati sono tutti adatti all'uso quotidiano» continua lo specialista. «Rispondono a due requisiti: permettere una buona presa anche a chi ha l’articolazione deformata e far sì che si possano compiere i gesti abituali, come svitare un tappo, senza movimenti dannosi come le torsioni del polso. In più, sono leggeri per non correre il rischio di traumi e per portarli con sé».
La terapia occupazionale però non comprende solo oggetti, ma anche un modo diverso di eseguire le normali attività, con vantaggi anche psicologici. Si scardina infatti la vecchia teoria che sia d'obbligo l'inattività per proteggere le articolazioni. Invece, è possibile stirare e cucinare, a patto di non stare in piedi ma su uno sgabello alto regolabile, in modo da non sovraccaricare le articolazioni delle caviglie e dei piedi. Mentre per leggere, è meglio utilizzare un leggio da tavola oppure passare al lettore di e-book, per non sforzare le articolazioni di mani e polsi: sembra impossibile, ma tenere un libro in mano e girare le pagine sono sforzi che aumentano il rischio di infiammazione alle articolazioni e quindi di dolore.