Quando l’ipertensione riguarda i bambini: che cosa fare

I farmaci non servono quasi mai, ma è importante correggere stili di vita errati.

La pressione può essere alta anche nei bambini e negli adolescenti. Secondo dati recenti della Società italiana dell’ipertensione, è un problema che riguarda circa il 4% dei bambini e ragazzi nella fascia d’età tra i 4 e i 18 anni.

L’ipertensione in età pediatrica ha sicuramente tra le cause principali il peso eccessivo e lo dimostrano i numeri: in un caso su quattro, infatti, chi è obeso ha la pressione elevata. Ma non è l’unica ragione.

«Aumenta il rischio anche la sedentarietà, che rappresenta un fattore negativo indipendente», interviene Simonetta Genovesi, responsabile del Centro rischio cardiovascolare pediatrico dell’Istituto auxologico italiano di Milano.

«A contribuire in modo importante poi è il tipo di alimentazione che impera al giorno d’oggi, decisamente troppo salata. E non stiamo parlando di ciò che si mangia in mensa a scuola, perché in quel caso si tratta di menù piuttosto bilanciati, ma di tutto il resto. Vale a dire, gli snack, gli hamburger con patatine, ma anche i pasti cucinati in molte case. Infine, non vanno scordate le bevande addizionate di fruttosio, un altro “must” dei giovanissimi: alla lunga sono dannose perché provocano un aumento del peso e dei valori dell’acido urico, un altro fattore di rischio di ipertensione».

Infine, l’ipertensione può avere anche una componente genetica, e in tal caso è un problema che accomuna più persone nella stessa famiglia.

La diagnosi

A ribadirlo sono state le ultime indicazioni dell’American academy of pediatrics: la pressione nei bambini andrebbe misurata una volta all’anno a partire dai 4 anni di età. Attenzione, però. Rispetto a quanto accade negli adulti, l’interpretazione del dato è più elaborata.

«Vengono misurati peso, altezza e valori della pressione», aggiunge Simonetta Genovesi. «La valutazione quindi viene effettuata in base ai percentili, cioè confrontando i risultati ottenuti con quelli normali di una popolazione della medesima fascia d’età». Ci vuole anche la visita medica, per delineare lo stile di vita e gli eventuali problemi di salute.

«Stiamo conducendo uno studio di confronto che coinvolge 1.400 ragazzi gravemente obesi tra i 12 e i 18 anni, residenti in Italia, Germania e Norvegia», interviene Alessandro Sartorio, primario dell’Unità operativa di auxologia di Piancavallo, Verbania e presidente dell’associazione Crescere Sani onlus.

«Da questo lavoro scientifico stanno emergendo informazioni che ci aiuteranno nella prevenzione futura, che dovrà essere diversificata nei tre differenti Paesi europei. Abbiamo visto per esempio che la prevalenza dell’ipertensione riguarda il 15% dei norvegesi, il 66% dei tedeschi e il 46% degli italiani obesi. Ma non è tutto positivo in Norvegia, dove è presente un’elevata percentuale di ragazzini con trigliceridi elevati, conseguenza di un elevato consumo di zuccheri, di una dieta ricca di grassi saturi o trans che portano a un aumento del grasso viscerale e dei trigliceridi».

«Lo studio collaborativo – continua l'esperto – ha evidenziato anche che la prevalenza di sindrome metabolica, data dall’insieme di più fattori di rischio (fra cui l’ipertensione) è presente in egual misura nei ragazzi obesi italiani e norvegesi (25%), mentre è più frequente nei coetanei tedeschi (40%), che richiederanno in futuro quindi interventi preventivi ad hoc più energici. Analizzando le abitudini di vita, poi, tutti, aldilà della nazione di appartenenza, mangiano poca verdura e frutta, consumano molto più sale del dovuto e, soprattutto nel nostro Paese, hanno una scarsa propensione all’attività fisica rispetto ai coetanei nord-europei ».

Sì alle terapie giuste

Una cosa è certa: i farmaci non servono quasi mai.

«In base alla nostra esperienza, su mille bambini solo circa una quarantina deve seguire una cura antipertensiva farmacologica», dice Simonetta Genovesi. «In tutti gli altri casi, è sufficiente correggere lo stile di vita errato».

Il lavoro da fare è complesso e per questo serve un centro specializzato con una équipe multidisciplinare. L’educazione infatti deve coinvolgere genitori e figli. «I successi possono essere più che positivi se si lavora “in squadra”», chiarisce Sartorio. «Già con piccole riduzioni dell’indice di massa corporea si ottengono miglioramenti sensibili dei valori pressori».

La dieta non è punitiva: è solo uno schema alimentare più equilibrato e sano, che può seguire tutta la famiglia. Un esempio? Via il sale, e per insaporire i cibi si usano succo di limone, erbe aromatiche dal sapore non troppo forte.

Sì anche all’attività fisica, al di là di quella nell’ambito del programma scolastico, che deve essere di almeno tre ore alla settimana. «Il movimento è una vera e propria medicina», conclude Simonetta Genovesi. «Ci vogliono le attività aerobiche perché permettono un lavoro omogeneo di tutti i muscoli del corpo e vanno scelte in base alla personalità del bambino, o adolescente. Se è introverso e questo aspetto può far sì che abbia timori a confrontarsi con i coetanei senza problemi di peso, è bene optare per uno sport individuale. Mentre se è estroverso o competitivo, è più indicato uno sport di squadra». La scelta non manca. Sono attività aerobiche per esempio il nuoto, la danza, la corsa, la camminata, la bicicletta, lo sci di fondo e tutti gli sport di squadra con la palla.

Cinzia Testa
Cinzia Testa
Nata e cresciuta a Milano, decide da bambina di voler fare la giornalista e caparbiamente non modifica questo suo desiderio nonostante le difficoltà iniziali.  Dopo un periodo quale collaboratrice per le pagine milanesi de L’Unità nella seconda metà degli anni ’80, viene coinvolta nel primo progetto di editoria “naturale”: comincia a scrivere di alimentazione, le viene affidata una rubrica di ricette e tiene dei corsi pratici di cucina vegetariana e teorici nell’ambito dell’alimentazione. Da lì a scrivere di salute il passo è breve e nell’arco di un paio di anni avviene il “salto” e il passaggio definitivo al lavoro come freelance e la collaborazione a diverse testate come il quotidiano La Voce, il mensile del Gruppo San Paolo Club 3, per poi approdare a Donna Moderna, testata che rimane a tutt’oggi la sua principale attività. A metà degli anni ’90 viene anche coinvolta insieme a una collega nella redazione giornalistica di Attualità in Senologia, l’unica in Italia dedicata alla senologia oncologica e scatta la passione per l’oncologia. Considera il giornalismo come un momento anche di contatto e di confronto con il pubblico e ha l’opportunità di partecipare in prima persona a campagne di prevenzione sul territorio nell’ambito dell’oftalmologia (glaucoma) e dell’oncologia (tumori femminili) e di condurre con le colleghe di Donna Moderna dirette facebook su tematiche di salute ad ampio respiro. Curiosa per natura, ama viaggiare e quando può, restaura mobili e li riporta a nuova vita. Ha una passione infinita per la cucina, inventa continuamente nuove ricette e le scrive sui fogli più disparati che immancabilmente perde. Per ovviare a questa incurabile forma di distrazione, ora posta le foto dei piatti con l’elenco degli ingredienti direttamente su Instagram. Adora la solitudine come momento di ricarica, ma non potrebbe mai vivere senza le persone che ama. 

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