- Se a perdere il ritmo sono gli altri
- I legami con la trombosi
- L’importanza della terapia anticoagulante
Che cosa accade se il ritmo cardiaco accelera troppo? Tutto dipende se a battere all’impazzata sono i ventricoli o gli atri. Con conseguenze assai diverse.
La fibrillazione è un disturbo del ritmo cardiaco che determina contrazioni rapide e irregolari delle camere cardiache cioè atri e ventricoli.
Tali contrazioni risultano inefficaci dal punto di vista emodinamico, questo significa che il cuore in fibrillazione non è in grado di pompare il sangue correttamente.
Nel caso in cui l’anomalia coinvolga i ventricoli, il cui compito è di inviare il sangue in circolo, le conseguenze sono molto gravi e si può arrivare all’arresto cardiocircolatorio.
La fibrillazione ventricolare, fortunatamente rara, è infatti responsabile di molte morti cardiache improvvise.
La fibrillazione atriale, una delle aritmie più frequenti, è meno pericolosa, anche se non va certo sottovalutata. Ne esistono tre diverse forme. Vediamo di seguito quali sono le caratteristiche di ognuna.
Tipo di fibrillazione atriale | Caratteristiche |
---|---|
Parossistica | Regredisce spontaneamente |
Persistente | Grazie all’uso di farmaci o cardioversione elettrica, si riesce a ripristinare il ritmo cardiaco corretto |
Permanente | È cronica e resiste a tutte le terapie |
Se a perdere il ritmo sono gli altri
Con i suoi 300-600 battiti (scoordinati) per minuto, la fibrillazione atriale riduce l’efficienza della pompa cardiaca. Ma in genere non mette a rischio la vita.
Un episodio può durare pochi istanti o alcuni giorni, oppure anni. Solo se la fibrillazione persiste a lungo con una frequenza particolarmente elevata è possibile che alla fine si instauri uno scompenso cardiaco.
Nella maggior parte dei casi l’inadeguato passaggio di sangue nei ventricoli e, da qui, in circolo, comporta un ridotto apporto di ossigeno ai tessuti, con comparsa di debolezza, affanno, stanchezza, capogiri e svenimenti, difficoltà di respiro.
I legami con la trombosi
Il pericolo peggiore della fibrillazione atriale si chiama trombosi. I battiti troppo veloci e irregolari determinano, nelle camere atriali, un ristagno di sangue che favorisce la coagulazione.
I trombi che si formano possono, nella migliore delle ipotesi, sciogliersi spontaneamente. Ma possono anche frammentarsi ed entrare in circolo. E, trasportati dalla corrente sanguigna, raggiungere le arterie periferiche occludendole (embolia).
Si possono così verificare ischemie agli arti e infarto cardiaco o, più frequentemente, ictus: a seconda che la causa della fibrillazione sia o meno una malattia valvolare il rischio di eventi cerebrali in chi ne soffre, infatti, aumenta da 2 a 17 volte.
L’importanza della terapia anticoagulante
Per ridurre al minimo la probabilità di incorrere in queste gravi complicazioni è necessaria una diagnosi tempestiva, non sempre facile poiché, spesso, la fibrillazione atriale non dà segni della sua presenza.
Se l’aritmia è presente già da due o più giorni è invece essenziale che venga avviata subito una terapia anticoagulante che, rendendo il sangue più fluido, prevenga la formazione dei trombi all’interno degli atri.
Terapia da eseguire, sotto stretta sorveglianza medica, indipendentemente dall’approccio che verrà deciso per ripristinare il normale ritmo cardiaco.
A cura della redazione