Perché a volte si ha paura di impegnarsi in una relazione stabile

Cause storiche, culturali, ma anche sociologiche creano il timore di instaurare rapporti di coppia duraturi.

Dagli anni Settanta in poi i rapporti di coppia hanno subìto profonde trasformazioni. Il modello tradizionale incentrato sul matrimonio è entrato sempre più in crisi, sia per l’emergere di una maggiore libertà sessuale, sia per la crescente intolleranza degli individui verso vincoli, obblighi o formalità.

E anche se molti ancora optano per il matrimonio, alcuni si trovano poi a separarsi nel giro di pochi anni o mesi. Aumenta il numero dei single e delle coppie conviventi, ma anche per loro il rapporto di coppia è sempre più difficile da vivere e la durata media delle relazioni diminuisce.

Secondo i dati Istat, nel 2015 sono stati celebrati circa 4.600 matrimoni in più rispetto al 2014 (ed è la prima volta dal 2008). Quelli con rito civile rispetto al 2008 sono aumentati dell’8,6%. Grazie al cosiddetto divorzio breve, introdotto proprio nel 2015, però, il numero dei divorzi è aumentato del 57%.

La durata media dei matrimoni italiani al momento della separazione è 17 anni. Negli ultimi vent’anni è aumentata inoltre la percentuale di separazioni che avvengono dopo un lungo matrimonio: nel 1995 erano solo l’11,3%, mentre nel 2015 sono state il 23,5%.

Le cause dell’instabilità

Le cause, oltre che storico-culturali, sono anche sociologiche, come spiega Enrico Cheli, docente di Sociologia delle relazioni interpersonali all’Università di Siena: «In primo luogo l’analfabetismo emotivo-relazionale dei coniugi o partner, ma anche la latitanza della società, che non fa niente per educare le persone alla buona comunicazione, alla consapevolezza dei sentimenti e delle emozioni, alla gestione costruttiva della relazione».

«Inoltre, se in passato la funzione sociale del matrimonio era perlopiù quella della procreazione, della trasmissione ereditaria dei beni o dell’alleanza tra famiglie, oggi – prosegue Cheli – il confronto è un elemento essenziale al buon andamento non solo delle relazioni matrimoniali, ma anche di relazioni di coppia meno formalizzate; non si tratta però di un confronto facile, perché l’uomo e la donna hanno due modi di vedere le cose e di comunicare molto diverso e questa diversità può essere fonte di grande arricchimento se la si sa affrontare, ma anche di grande sofferenza se invece la ignoriamo».

Dall’innamoramento al conflitto

Quando ci si innamora spesso si vedono solo i lati positivi dell’altra persona e si tende a mostrare la nostra parte migliore. Con la quotidianità e la routine inevitabilmente si comincia a prendere coscienza dei limiti del partner. Nascono le prime incomprensioni, fino ai conflitti.

Molto realisticamente Cheli aggiunge: «Non va bene ignorare o sopportare il problema, perché vuol dire rinunciare a quanto di più bello una relazione di coppia può offrire, e non va bene neppure passare da una storia all’altra all’eterna ricerca del partner ideale, poiché non esistono persone fatte di sola luce e ognuno ha in sé anche delle zone oscure».

È impossibile amarsi per sempre?

«Ci aspettiamo che una singola relazione soddisfi pienamente e perfettamente tutte le nostre esigenze – conclude Cheli – e tendiamo a escludere tutte le altre persone che potrebbero partecipare a questa soddisfazione; questo allevia tali persone da potenziali fardelli e in un certo senso fa sembrare la vita meno complicata, ma sovraccarica il partner, che è un semplice mortale che ci ama, non un dio che può realizzare ogni nostro sogno; nell’aggrapparci a questo mito, diventiamo troppo esigenti. Se ci limitassimo a invitare il partner ad amarci, senza sfidarlo, senza aggredirlo, senza nasconderci, il rapporto sarebbe meno teso, meno ambiguo; se sapessimo comunicare con chiarezza e chiedere apertamente al partner ciò di cui abbiamo bisogno, lo metteremmo nelle condizioni per fare del suo meglio e capiremmo che anche lui si trova nella nostra stessa situazione».

Maria Eva Virga
Maria Eva Virga
Giornalista da 20 anni, vive a Milano, è sposata e ha due figli. Per dieci anni ha diretto un mensile dedicato al mondo dell'entertainment (giochi, videogame, film di animazione), poi una testata di settore destinata agli operatori della grande distribuzione. Dopo la nascita del secondo figlio ha iniziato a lavorare da freelance per conciliare famiglia e lavoro. Ha collaborato, tra l'altro, per l'inserto economico di Panorama, Economy, presentando casi aziendali di successo "made in Italy". Successivamente ha iniziato a lavorare per un service editoriale specializzato in medicina, farmacia e sanità scrivendo articoli, libri, comunicati stampa e contenuti per diverse case editrici, periodici di medicina, farmacia e politica sanitaria. Collabora con la Federazione mondiale del Termalismo di cui è divenuta addetto stampa, e con alcune testate di divulgazione scientifica. Coltiva ancora l'interesse per le piccole medie imprese italiane collaborando con riviste di settore nell'ambito del food e del non food, dedicandosi spesso ad argomenti che trattano la salute e il benessere.

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