Il bambino si agita, grida, sembra sveglio, ma in realtà non lo è. Ecco come affrontare il pavor nocturnus nel modo adeguato.
Ha caratteristiche ben precise, che lo differenziano dai classici “brutti sogni”. Il suo nome, pavor nocturnus, deriva dal latino e il suo significato (terrore notturno) identifica alla perfezione l’immagine che i genitori si trovano a osservare.
Nel caso di un episodio di pavor nocturnus, il piccolo si sveglia infatti d’improvviso con gli occhi sbarrati. È pallido e sudato, spesso ha lo sguardo fisso, piange terrorizzato e si dimena.
La presenza dei genitori non sembra sortire alcun effetto e nemmeno il tentativo di rassicurarlo con baci e carezze. Per fortuna, dopo alcuni minuti i singhiozzi cessano, la crisi passa, il bambino si riaddormenta e al mattino non ricorda nulla.
Un grande spavento per mamma e papà
Al contrario dei bambini, i genitori non dimenticheranno mai la scena e la sapranno descrivere nei minimi particolari al pediatra: «Di solito, sono molto spaventati, soprattutto se è la prima volta che succede, perché è un'esperienza davvero forte per un genitore», commenta Ambrogina Pirola, medico pediatra a Muggiò e Lissone (Monza). «Questi sintomi sono tipici del terrore notturno, in linguaggio tecnico “pavor”».
Come gli incubi, il pavor fa parte delle parasonnie, cioè le anomalie che disturbano il riposo durante la notte. Capita all'1-6% dei bambini, a partire dai 2 anni (a volte prima, ma è rarissimo) e con la massima frequenza tra i 5-7 anni (qualcuno può avere episodi sporadici anche quando è più grandicello, fino agli 11 anni).
Nella maggior parte dei casi, i pavor toccano a bambini i cui genitori avevano sofferto loro volta di qualche disturbo del sonno.
Di solito arriva entro la prima ora
Durante la notte, il sonno attraversa varie fasi, ciascuna associata a una particolare attività cerebrale. I sogni, per esempio, avvengono soprattutto durante la fase REM (rapid eyes movement). I pavor, invece, capitano nella fase non-REM: non si tratta di sogni, tecnicamente, ma di reazioni emotive violente che si scatenano nella transizione da una fase del sonno all'altra.
«Il pavor si manifesta di solito entro un'ora dall'addormentamento. Dura poco: comincia e finisce nel giro di circa 5 minuti», continua la dottoressa Pirola. «Il bambino si agita, grida, è zuppo di sudore, a volte pronuncia anche qualche parola, è in semi-veglia ma non ha alcuna percezione di cosa succede intorno a lui.
Può avere gli occhi chiusi o aperti, ma in questo caso lo sguardo è assente e non riconosce nessuno: ecco perché l'arrivo del genitore o la sua voce non lo calma. È questo aspetto, la “lontananza dalla realtà”, che più terrorizza, sia il bimbo, sia mamma e papà. Ma passata la crisi, si riaddormenta sereno, come se niente fosse successo».
Sulle cause ci sono poche certezze
Da cosa sia causato il fenomeno (che sembra avere una leggera prevalenza nei maschietti) non è ancora ben chiaro: la familiarità è favorente, e si è notato che nei bambini predisposti i pavor sono più frequenti in caso di febbre, stress, sonno insufficiente.
«Anche una giornata di particolare eccitazione, piena di esperienze nuove, può influire sull'equilibrio emotivo e sul riposo notturno», aggiunge la pediatra. «Mentre sono state escluse alterazioni della sfera psichica».
Cosa bisogna fare durante un pavor? «Assolutamente nulla, solo aspettare che passi», risponde la pediatra. «O meglio: è bene limitarsi a osservare il bambino, senza intervenire (a meno che non faccia qualcosa di pericoloso per sé, come sbattere la testa contro le sbarre del lettino, ma è una eventualità rara) né tentare di svegliarlo, perché questo potrebbe addirittura prolungare la crisi. Se è molto sudato, gli si può cambiare il pigiamino; alcuni bambini riescono addirittura a camminare e fare pipì, ma sempre in totale distacco dalla realtà».
Utile tenere un diario delle crisi
Per mamma e papà può essere utile tenere un piccolo “diario” delle crisi, consiglia Ambrogina Pirola: «Per annotare la frequenza, i sintomi e l'intensità con i quali si manifestano, avere chiaro il quadro della situazione e le modalità del pavor, così da non preoccuparsi più se lo schema si ripete.
Può essere utile anche riprendere il bambino con il telefonino, in modo da avere un video da mostrare al pediatra ed essere rassicurati sulla “normalità” dell'evento. Solo in casi particolari, per esempio in presenza di malattie neurologiche di un familiare o se ci sono altri campanelli d'allarme, come vomito o rilascio degli sfinteri, si prescrive al bambino - in accordo con un neurologo - un elettroencefalogramma per accertarsi che non ci sia nulla di cui preoccuparsi».