La scienza lo dimostra: aggiungere troppo sale alle pietanze fa male non soltanto al cuore, ma aumenta anche il rischio di andare incontro a un ictus.
Lo si sa da tempo sulla scorta di innumerevoli studi clinici dai quali emerge chiaramente un legame diretto tra il progressivo aumento dei valori della pressione arteriosa e l’incremento della probabilità di andare incontro a un ictus.
E cioè a un evento cerebrovascolare lesivo dovuto alla riduzione dell’afflusso di sangue (ischemia) al tessuto cerebrale, con conseguenze più o meno gravi a seconda dell’entità del danno che la mancanza di ossigeno ha causato.
D’altro canto, è ormai assodato che mantenere i valori di pressione almeno al di sotto di 140 e di 90 mmHg (massima e minima rispettivamente) ha un impatto estremamente positivo in termini di prevenzione cardiovascolare generale. Ma come fare?
Sul tavolo degli imputati
Per controllare la pressione arteriosa in alcuni casi possono servire i farmaci. Molto più spesso, però, quando i valori si avvicinano o superano di poco i livelli di guardia è sufficiente puntare sullo stile di vita, soprattutto sul fronte alimentare.
A incidere negativamente sulla pressione è, in particolare, il consumo di sale che nei regimi dietetici di gran parte dei Paesi del mondo è decisamente troppo elevato. La quota media individuale va da 6 a più di 12 grammi al giorno (più o meno da uno a due cucchiaini da tè).
Mentre gli esperti consigliano di mantenerla sotto i 5 grammi che rappresenterebbero il quantitativo quotidiano ideale per bilanciare fabbisogno e salute cardiovascolare.
Ridurre il sodio, non il gusto
Nonostante queste raccomandazioni, la maggior parte delle persone continua a sottovalutare i danni che possono derivare dal sodio in eccesso e ben pochi sono disposti a rinunciare ai sapori abituali in nome di uno pericolo che non sentono imminente.
Eppure, il modo di usare meno sale senza rinunciare a cibi appetitosi esiste e non è neppure difficile da praticare.
Il primo passo consiste nel ridurre progressivamente le quantità di sale impiegate per cucinare per abituarsi poco per volta, e nell’evitare di aggiungere sale a tavola. Se il piatto è stato cucinato in modo corretto in genere non ha bisogno di essere reso ulteriormente sapido.
Per accentuare il gusto e conferire una nota di originalità a minestre, pesce, sughi, verdure e carni si può puntare su spezie ed erbe aromatiche. Oltre al profumo e al sapore gradevoli, queste contengono spesso anche microelementi benefici per l’organismo, in particolare antiossidanti e antiaggreganti.
Tali aromi presentano, poi, un ulteriore vantaggio: rendono meno necessaria l’aggiunta di grassi, anch’essi da consumare con parsimonia se ci vuole tutelare da quantità pericolose di lipidi in circolo e incidenti cardiovascolari.
Quindi, via libera a prezzemolo, basilico, aglio, cipolla, origano, timo, maggiorana, rosmarino, curcuma, zafferano, pepe e peperoncino.
E attenzione a quello “nascosto”
Bisogna ricordare, inoltre, che non sempre siamo consapevoli di introdurre sale. Per esempio, ne sono particolarmente ricchi cibi in scatola, piatti pronti, zuppe disidratate, prodotti da forno confezionati, formaggi (specie se stagionati) e, inevitabilmente, carni rosse e insaccati.
Tutti alimenti che non si devono necessariamente evitare, ma consumare con criterio, in piccole quantità e in poche occasioni durante la settimana.
Per chi proprio al sale non riesce a rinunciare, infine, ci sono le ben note versioni a ridotto tenore di sodio. Possono aiutare, ma è bene chiarire che quando le si aggiunge ai cibi, non si deve comunque abbondare: si finirebbe con il consumare sali in eccesso con la convinzione di farsi del bene.