Tutti lo chiamano fuoco di sant’Antonio, ma il suo nome scientifico è Herpes Zoster ed è un’infezione molto più diffusa di quanto non si creda. Anche per colpa dello stress.
Addirittura una persona su quattro nell’arco della vita, e specialmente dopo i 50 anni, deve fare i conti con questo dolorosissimo disturbo, “parente” della varicella. Quando si guarisce da questa malattia esantematica, infatti, il virus che la provoca non abbandona l’organismo ma si “rifugia” nei gangli nervosi della colonna vertebrale o dei nervi cranici.
Qui può rimanere silenzioso anche per tutta la vita. Oppure risvegliarsi, magari a distanza di 30 anni da quando si è avuta la varicella e manifestarsi con dolori spesso insopportabili. L’Herpes Zoster si scatena però soltanto se c’è un fattore che agisce da interruttore per risvegliare il virus.
Quando le tensioni accendono il virus
Il rischio è tre volte più alto per chi è sotto pressione. «Non è ben chiaro il meccanismo e questo spiegherebbe come mai non tutte le persone stressate si ammalano di Herpes Zoster», spiega Andrea Altomare, specialista in dermatologia dell’Irccs Galeazzi di Milano.
«Il comune denominatore però è sempre il medesimo – aggiunge il dermatologo – vale a dire, un calo delle difese immunitarie. Questo virus infatti è tra quelli che in medicina vengono definiti “opportunisti”: rimangono silenti quando l’organismo è in benessere, per poi attivarsi nel momento in cui il sistema immunitario è indebolito, proprio come può accadere in un periodo di forte stress».
I fattori di rischio
Non basta un periodo di tensione col partner, oppure sul luogo di lavoro. Il mix che può stimolare il risveglio dell’Herpes zoster è ben più complesso. «Ci vogliono situazioni che impattano fortemente sul corpo e sulla psiche», continua Altomare. «Il picco di diagnosi si verifica soprattutto quando il paziente sta affrontando situazioni particolari, come ad esempio un intervento chirurgico».
Lo stesso vale nel caso di malattie fortemente debilitanti, come alcune patologie autoimmuni, tra cui l’artrite reumatoide e il morbo di crohn per citarne solo alcune, specialmente in certi momenti della vita. Basti pensare al desiderio di maternità nelle giovani donne e a tutte le ansie che può portare con sé.
«Non scordiamoci infine gli anziani, che rappresentano la fascia di popolazione più esposta al rischio di Herpes zoster», sottolinea Altomare. «Qui la fa da padrone indubbiamente la maggiore fragilità del sistema immunitario, associata in determinate situazioni a stati di stress psicologico, come un lutto in famiglia, che possono agire da start».
Riconoscere i primi segni
Una cosa è certa: è pressoché impossibile prevenire il Fuoco di Sant’Antonio. Ma si può fare molto per guarire in fretta. Infatti, prima si riconosce e meglio si cura.
Il primo segnale è un dolore bruciante in un punto preciso del corpo, simile a fuoco per l’appunto, che aumenta di intensità con il trascorrere delle ore. A distanza di qualche giorno, o addirittura di qualche ora, sulla pelle compaiono delle chiazze che si ricoprono di vescicole a grappolo piene di liquido.
Le parti più colpite sono il torace oppure il dorso fino alla spalla e talvolta il braccio e l’addome. In rari casi il virus può aggredire il viso, in particolare la zona intorno all’occhio o all’orecchio.
La cura è sempre a base di farmaci antivirali specifici, per lo più somministrati per via orale. E se il dolore è molto forte viene aggiunto un farmaco antinfiammatorio.