Negli ultimi anni sono stati numerosi i progressi tecnologici che hanno migliorato efficacia e sicurezza dell’operazione di cataratta.
Sono quasi 600 mila gli italiani che nel 2015 si sono sottoposti alla chirurgia della cataratta. In pratica ogni anno, nel nostro Paese, ci sono più interventi di questo tipo che nuovi nati.
E l’età media dell’intervento si sta abbassando: la tendenza infatti è quella di ricorrere alla chirurgia prima che la situazione degeneri. Anche perché è un'operazione che garantisce risultati eccellenti in termini di sicurezza, con una limitatissima incidenza di complicanze.
Cataratta tra passato e presente
«Cataratta è il nome che diamo alla lente naturale dell’occhio, il cristallino, quando diviene opaco» spiega Roberto Bellucci, presidente della European Society of Cataract & Refractive Surgeons. «L'intervento di cataratta è sempre più richiesto: nel nostro Paese, se ne eseguono quasi 600mila all'anno. Sono numeri elevati, ma ancora inferiori a quelli di altri Paesi, come Stati Uniti o Australia, dove si tende a operare più precocemente, quando l'opacizzazione del cristallino non è ancora completa».
Soltanto 30 anni fa, la situazione era molto diversa. Il paziente tipico aveva tra gli 80 e i 90 anni, mentre oggi ha un’età compresa tra i 60 e i 70 anni. Persone in età da pensione quindi, ma che rivendicano ancora un ruolo attivo nella società e vogliono essere al meglio dal punto di vista fisico, anche migliorando le proprie capacità visive.
Niente più occhiali
Ad abbassare l’età media dell’intervento hanno concorso diversi fattori, tra cui il fatto che oggi la chirurgia offre risultati eccellenti in termini di riabilitazione visiva, permettendo spesso la visione senza occhiali nel post-operatorio.
Grazie agli sviluppi tecnologici degli ultimi anni infatti è possibile, assieme all’intervento di cataratta, applicare cristallini artificiali a ottica complessa, che servono a correggere difetti visivi fastidiosi come astigmatismo, presbiopia e miopia.
«Esistono cristallini artificiali» continua «che consentono di correggere l’astigmatismo liberando quindi il paziente operato dalla necessità d'indossare sempre gli occhiali».
Un capitolo a parte è quello della presbiopia, cioè la difficoltà nel vedere da vicino. Chi si sottopone a un intervento in una struttura pubblica può ottenere soltanto un cristallino artificiale standard, che non risolve il problema. E deve indossare gli occhiali correttivi anche dopo l’operazione. «L’alta tecnologia ci propone oggi cristallini multifocali, che consentono di vedere lontano e vicino senza occhiali nella gran parte dei casi. Purtroppo sono poco impiegati principalmente per problemi di costo» spiega l’esperto. In questi casi, l’unica chance è quella di rivolgersi a una clinica privata, sborsando di tasca propria i soldi necessari per l’intervento.
In cosa consiste l’operazione
L'intervento standard, quello attualmente garantito dal Servizio sanitario nazionale, prevede un'anestesia in gocce, poi un'incisione di circa tre millimetri sulla parete dell'occhio, e quindi la frantumazione del cristallino catarattoso (che ha un diametro di 9 millimetri e uno spessore di 4 circa) attraverso un apparecchio a ultrasuoni chiamato facoemulsificatore.
«Una volta rimossa la cataratta e aspirate le masserelle residue per la completa pulizia, viene inserito nell'occhio un cristallino artificiale sostitutivo, trasparente e inalterabile nel tempo» puntualizza Bellucci. «Agendo sul potere diottrico di questo cristallino artificiale» aggiunge «è possibile correggere difetti visivi preesistenti».
La sicurezza dell’operazione è molto elevata: supera il 99%. «Uno dei problemi più gravi, l'infezione post-operatoria» conclude l’oftalmologo «è stato quasi del tutto eliminato dalle recenti procedure di sterilità e di disinfezione. La Società europea di chirurgia refrattiva e cataratta ha condotto uno studio europeo multicentrico che ha dimostrato come una profilassi preoperatoria e intraoperatoria adeguata con disinfettanti e antibiotici permetta di ridurre le complicanze infettive a un caso ogni 12.000 operazioni».
I vantaggi della nuova tecnica all laser
L’intervento di cataratta, già estremamente efficace e sicuro con le tecniche convenzionali, ha ottenuto un ulteriore miglioramento grazie all’uso combinato del sistema nanolaser e femtolaser nella tecnica all laser per la frammentazione del cristallino, che può sostituire la facoemulsificazione a ultrasuoni, con minore dispersione di energia e maggiore rispetto delle strutture interne dell’occhio.
«Questa nuova tecnologia» spiega Leonardo Mastropasqua presidente nazionale della Società oftalmologi universitari (Sou) «può sostituire la tecnica di facoemulsificazione nella chirurgia convenzionale e può essere utilizzata come completamento della chirurgia della cataratta con femtolaser».
I vantaggi non sono pochi: la durata dell’impulso laser molto breve e l’energia dell’impulso molto bassa si traducono in una minor produzione di calore a livello dei tessuti oculari. «La minor quantità di energia liberata all’interno dell’occhio determina soprattutto minori danni a livello della cornea e minore infiammazione della retina» evidenzia Mastropasqua.
Inoltre, la punta arrotondata del sistema nanolaser, a differenza della punta tagliente del sistema tradizionale a ultrasuoni, riduce notevolmente il rischio di danni all’interno dell’occhio durante la chirurgia e il manipolo monouso del sistema laser diminuisce il rischio di infezioni oculari.
A livello internazionale esistono casistiche di pazienti trattati con laser a nanosecondi per la chirurgia della cataratta che dimostrano la sicurezza e l’efficacia del sistema nanolaser rispetto alla facoemulsificazione tradizionale.
«La combinazione del nanolaser e del femtolaser» commenta l’esperto «ottimizza ulteriormente i risultati con rapido recupero visivo del paziente: in questa procedura all laser si associano i vantaggi delle due tecniche, con il risultato di un miglioramento della visione, legato alla precisione delle incisioni effettuate con il femtolaser, e di una riduzione del danno termico oculare ottenuto con l’azzeramento degli ultrasuoni».
La metodica è in dotazione al Centro Nazionale di chirurgia robotica dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara e i pazienti, qualora idonei al trattamento, possono sottoporsi alla chirurgia della cataratta con tecnica combinata all laser in alternativa al trattamento classico. «La tecnica all laser può essere utilizzata in tutti i tipi di cataratte e in particolare nei casi complicati» conclude «quali cataratte post traumatiche, cataratte in cristallini sublussati, cioè dislocati rispetto alla loro normale posizione all’interno dell’occhio, e infine cataratte polari, la cui estrazione comporta un elevato rischio di complicanze intraoperatorie».