L'intervento chirurgico è uno degli approcci più diffusi al trattamento del carcinoma prostatico. Ma quando è indicato? E quali sono i rischi?
Il carcinoma prostatico è la forma tumorale più diffusa fra gli uomini di età superiore ai 50 anni. Non sempre semplice da riconoscere, una volta identificato ha una buona probabilità di essere trattato con successo. Ciò non significa che sia sempre necessario mettere mano al bisturi.
A seconda dei casi i medici potrebbero infatti consigliare di non intervenire immediatamente, ma di monitorare regolarmente l'eventuale progressione del tumore.
Tuttavia, quando è necessario agire la rimozione della prostata e delle vescicole seminali (la cosiddetta prostatectomia radicale) è considerata l'approccio migliore alla cura dei tumori della prostata localizzati, cioè che non si sono diffusi ad altri organi o tessuti.
I tipi di intervento
Nel corso degli anni le tecniche chirurgiche utilizzate in questo tipo di intervento sono migliorate notevolmente. Ciò ha permesso di mantenere le percentuali di guarigione elevate riducendo il numero e la frequenza delle possibili complicazioni e l'impatto dell'intervento sulla qualità della vita.
Nei pazienti giovani in cui il carcinoma non si è esteso ad altri organi si può optare per la prostatectomia radicale con asportazione dei linfonodi pelvici attraverso l'addome o il perineo.
Quando, invece, è necessario rimuovere un tumore che ostruisce l'uretra viene spesso utilizzata la prostatectomia transuretrale. In particolare, la prostatectomia transuretrale con enucleazione della prostata attraverso l’uretra può essere eseguita anche in anestesia epidurale.
I possibili rischi
Nonostante gli avanzamenti in ambito chirurgico, ricorrere al bisturi per trattare un carcinoma prostatico porta con sé ancora qualche rischio.
Il più significativo è quello di impotenza, motivo per cui ogni singolo caso viene accuratamente valutato dai medici prima di scegliere la strada che porta in sala operatoria. Bisogna però ricordare che in molti casi eventuali problemi di impotenza sono solo temporanei.
Un altro possibile rischio, anche se poco frequente, è quello dell'incontinenza. In genere questo problema scompare dopo la rimozione del catetere utilizzato per qualche giorno dopo l'intervento, che a un anno di distanza deve essere utilizzato da meno dell'1% dei pazienti operati.
Nel 5% dei casi a un anno dall'intervento è necessario utilizzare solo degli assorbenti, mentre in un altro 25% di pazienti operati le perdite di urina sono del tutto occasionali.
Anche la cicatrizzazione della vescica è una complicanza rara. Il problema, che impedisce l'emissione di urina, può essere risolto con un piccolo intervento chirurgico.
Il confronto con il medico
Prima di consigliare l'intervento di prostatectomia il medico terrà in considerazione anche tutti questi possibili effetti collaterali ed effettuerà un bilancio tra i rischi e i benefici dell'approccio chirurgico. In generale, nel caso di tumori di piccole dimensioni e a basso rischio la scelta è quella di non intervenire.