Sono ancora tanti i falsi miti da sfatare sugli antibiotici e gli errori che vengono compiuti durante la loro assunzione.
L’Italia è al secondo posto in Europa dopo la Grecia per quanto riguarda l’antibiotico-resistenza. Vale a dire, per infezioni batteriche e fungine resistenti alle terapie antibiotiche. Una classifica, questa, che potrebbe essere ribaltata con un uso consapevole dei farmaci antibiotici.
Gli errori più comuni
L’utilizzo sbagliato degli antibiotici è la causa principale della trasformazione dei batteri in ceppi resistenti. E sono in tanti a sbagliare: circa un paziente su due commette errori.
«Ancora oggi purtroppo, nonostante le campagne d’informazione, c’è chi decide da sé di avere bisogno di una cura antibiotica e perciò utilizza i farmaci che sono in casa, rimasti da una precedente prescrizione – spiega Fabrizio Pregliasco, virologo e direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi di Milano – oppure gestisce in autonomia la cura, senza rispettare le indicazioni mediche».
Gli esempi di errori non si contano: sospensione della cura perché si sta meglio, mancanza di rispetto degli orari di assunzione del farmaco. Ma i batteri responsabili dell’infezione, in questo modo, il più delle volte vengono debellati solo in parte, con conseguenze che parlano da sé: l’infezione progredisce invece di sparire, oppure si creano batteri resistenti.
L’alimentazione ha il suo peso
Occhio anche a tavola. Durante la cura vanno evitati gli agrumi, cioè limoni, arance, mandarini, pompelmi e bergamotti, perché possono alterare l’efficacia degli antibiotici.
A differenza di quanto credono ancora in molti, invece, si possono consumare gli alimenti integrali. «Bisogna solamente avere l’accortezza di aspettare un paio d’ore all’incirca dall’assunzione del farmaco», prosegue Pregliasco. «È importante per evitare che le fibre accelerino il transito del principio attivo».
Va sfatato anche un luogo comune che riguarda i probiotici: in corso di cura si possono prendere perché non influenzano l’azione dell’antibiotico. Anzi, aiutano a prevenire i disturbi intestinali che si manifestano talvolta con questa categoria di farmaci, oltre a favorire il riequilibrio della flora batterica.
Migliorare la sensibilità del medico
Il Ministero della salute ha messo in atto un “piano d’attacco” con campagne di informazione capillari in ogni Regione, con un obiettivo ben preciso: entro il 2020, ridurre del 10% la prescrizione degli antibiotici da parte dei medici e del 5% la somministrazione della terapia antibiotica in ospedale.
«Esiste la tendenza a una prescrizione di antibiotici sempre più massiva e non sempre giustificata dalla gravità della malattia – dice l’esperto – soprattutto nella medicina d’urgenza». Nella seguente tabella alcuni esempi di patologie per le quali è opportuna o meno la somministrazione di antibiotici.
SÌ | NO |
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Infezioni del tratto urinario come le cistiti ricorrenti | Raffreddori e influenze |
Infezioni dell’apparato respiratorio quali le bronchiti e alcune forme di polmoniti | Crisi allergiche |
Dopo un intervento chirurgico | Dolori reumatici |
Le conseguenze possono essere drammatiche. Proprio durante la degenza, infatti, può emergere una condizione di antibiotico-resistenza, con tutti i problemi che porta con sé per la salute. «Le stime parlano di 450.000-700.000 infezioni ospedaliere all’anno nel nostro Paese» precisa Fabrizio Pregliasco. «Di queste, il 30% si sarebbe potuto evitare: la causa è stata l’uso improprio negli anni precedenti degli antibiotici che ha reso l’organismo più suscettibile ai batteri».