Svezzamento: ecco come si fa

Togliere il vezzo, del seno o della tettarella. Questo significa, alla lettera, svezzamento. Ma la dicitura più recente e corretta è “alimentazione complementare”. Vediamola nei dettagli.

Si tratta del passaggio da una dieta a base esclusivamente di latte a un’alimentazione con cibi solidi. E rappresenta una fase delicata dello sviluppo. Ecco tutti i consigli utili.

Deve essere avviata tra il quarto e il sesto mese di vita, poiché dopo il sesto mese il latte materno non è più sufficiente a coprire tutti i fabbisogni e deve essere pertanto “complementato”. E si deve concludere intorno all’anno, con l’eccezione di alcuni alimenti che vanno rimandati almeno al secondo anno di vita.

Non è sempre facile, anzi. È un periodo difficile per il piccolo perché ricco di tanti cambiamenti. Innanzitutto deve abituarsi a gusti diversi, passando dal sapore dolce del latte a quello più saporito della pappa.

In secondo luogo cambia la consistenza del cibo, che da liquido diventa dapprima semisolido e poi sempre più corposo. Cosicché il bambino piccolo deve imparare anzitutto a deglutire, poi via via che cresce anche a masticare.

Un terzo aspetto, infine, è rappresentato dal cucchiaino, un oggetto percepito come meno piacevole rispetto al seno o al biberon. Bisogna invece cercare di farla diventare una conquista importante.

Quando incominciare

Elasticità anzitutto: l’inizio dello svezzamento non ha una scadenza precisa, perché deve tenere conto di diversi aspetti legati al singolo. In ogni caso non deve avvenire mai prima dei quattro mesi di vita, perché l’apparato digerente dei più piccoli non è in grado di accettare e digerire cibi diversi dal latte.

Inoltre, nei primi mesi di vita il sistema immunitario del lattante non è ancora in grado di distinguere potenziali aggressori, come per esempio virus e batteri, da sostanze utili: un’introduzione intempestiva e troppo precoce dei cibi solidi comporterebbe perciò un maggior rischio allergico.

È bene confrontarsi con il pediatra sull’epoca più indicata per iniziare lo svezzamento, in relazione alla crescita di ciascun bambino e alla sua predisposizione a provare esperienze nuove.

È importante anche il momento in cui si decide di fargli assaggiare la prima pappa: è sconsigliabile, per esempio, passare al cucchiaino in concomitanza di vaccinazioni, di uno stato di malessere, di momenti di cambiamento come, per esempio, un trasloco o la partenza per le vacanze.

Ma anche si dovrebbe evitare la presenza di fattori di distrazione o disturbo (per esempio radio o televisione accese, telefono, rientro in casa di familiari).

Il nuovo sempre con calma

I nuovi cibi devono essere introdotti con molta gradualità, seguendo il calendario suggerito dal pediatra, lasciando in genere un intervallo di 3-4 giorni tra un alimento e l’altro.

  • Il primo pasto della giornata, cioè la colazione, rimane a base di latte: se poi la mamma sta allattando ancora il piccolo al seno, il latte potrà continuare a essere offerto a richiesta del bimbo durante il giorno.
  • La prima pappa si inserisce di norma a mezzogiorno, come secondo pasto dopo la poppata del mattino. In un secondo tempo, in genere a partire dal secondo mese di svezzamento o comunque una volta che la prima pappa è stata ben accettata dal piccolo, si potrà introdurre una seconda pappa.
  • Tra un pasto e l’altro si potranno inserire, come merenda, i primi assaggi di frutta e, dal settimo mese, yogurt.

Qualche consiglio pratico

Se il piccolo non consuma tutta la pappa è bene non insistere. I bambini si regolano da soli e hanno un senso di sazietà automatico: appena lo stomaco è pieno, cessa lo stimolo dell’appetito e il desiderio di mangiare.

Non bisogna poi scoraggiarsi di fronte alla prima reazione di rifiuto verso un cibo nuovo o nei confronti di una pappa che fino a quel momento era stata gradita. Con calma provare a riproporglieli un altro giorno.

Da evitare sono stratagemmi, come simulare il volo di un aereo con il cucchiaino o farlo giocare in modo che mangi più volentieri: si rischierebbe di trasformare il momento della pappa in un gioco, in mancanza del quale il bimbo poi si potrebbe rifiutare di mangiare.

Più errato ancora è cercare di imboccare il piccolo “a tradimento”, ossia quando ha la bocca aperta, si rischia di trasformare la pappa in una lotta quotidiana.

L’istituzione di rituali aiuta invece il bambino a capire quando è giunto il momento della pappa.

Infine è sconsigliata l’aggiunta di sale alla pappa almeno fino al 12° mese: non va dimenticato che il gusto, come pure le esigenze nutritive del bambino piccolo, non sono quelle dell’adulto.

Piercarlo Salari
Piercarlo Salari
Laureato in Medicina e chirurgia nel 1989 e specializzato in pediatria nel 1993 a Milano, dove tuttora esercita in qualità di libero professionista. Dopo un periodo inizialmente dedicato alla ricerca sperimentale e clinica, ha coltivato la passione per l’informazione scientifica, associando alla professione clinica quella di divulgatore e maturando così un’ampia esperienza nel contesto di testate sia cartacee sia online, come autore, consulente o coordinatore. È direttore scientifico di una Casa editrice specializzata in ambito pediatrico e ginecologico e di occupa di formazione professionale coordinando corsi di aggiornamento in ambito medico e farmaceutico. Si interessa di nutrizione, prevenzione dell’obesità, prevenzione (con particolare riguardo alle vaccinazioni) e sicurezza del bambino.

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