Le apnee notturne sono una fonte di disagio per il partner, ma anche un potenziale pericolo per la salute.
È considerato un semplice (ma molto irritante) fastidio se si dorme in coppia, che si tende spesso a sottovalutare, quando in realtà il russamento notturno può essere un vero e proprio sintomo della cosiddetta “sindrome delle apnee ostruttive nel sonno” (OSAS).
Si tratta del più frequente disturbo respiratorio legato al sonno, denominato anche “malattia dei grandi russatori”. È una patologia complessa e multifattoriale, cioè dovuta a numerose cause, caratterizzata dalla presenza di russamento, interrotto in maniera più o meno evidente da episodi di ostruzione delle vie aeree superiori.
Secondo la definizione ufficiale, infatti, si manifesta sotto il profilo clinico con sonnolenza diurna e/o alterazioni delle performances e russamento notturno ed è legata a ripetuti episodi di ostruzione delle prime vie aeree durante il sonno, responsabili di riduzione dell’ossigenazione del sangue.
Russare nel sonno è il primo sintomo
Il grado di ostruzione delle vie aeree superiori può essere di varia entità; il primo “gradino” della sindrome è infatti il russamento, cioè un rumore legato al passaggio dell’aria attraverso vie aeree ristrette all’inspirazione durante il sonno.
Quando il restringimento delle vie aeree peggiora, durante il sonno si verificano alterazioni della respirazione più evidenti, di cui le principali sono la chiusura completa (apnea) e parziale (ipopnea) del flusso d’aria di durata non inferiore a 10 secondi.
Chi sono i “grandi russatori”
La sindrome delle apnee ostruttive nel sonno colpisce circa il 4% degli uomini e il 2% delle donne. Circa due milioni di individui in Italia sono quindi affetti da questa malattia, anche se per la sua scarsa conoscenza e consapevolezza, fino a pochi anni fa le diagnosi di questa sindrome erano una esigua minoranza. E ancora oggi si stima che nei due terzi dei casi le apnee ostruttive nel sonno non siano diagnosticate.
I soggetti più a rischio sono maschi, di età compresa tra i 35 ed i 55 anni, specialmente se sovrappeso: tale condizione, infatti, e ancor più l’obesità rappresenta uno dei principali fattori determinanti della sindrome.
Anche la presenza di alterazioni anatomiche che ostruiscono le prime vie aeree, come l’ipertrofia (aumento di volume) di adenoidi e tonsille, la macroglossia (aumento di volume della lingua) e la micrognatia e retrognatia (riduzione di dimensioni o retroposizionamento della mandibola), rappresentano fattori predisponenti non trascurabili.
Conseguenze gravi, ma le cure esistono
Spesso chi soffre di sindrome delle apnee ostruttive nel sonno non riesce a mantenere un livello di vigilanza accettabile e riferisce difficoltà a rimanere sveglio al cinema, a teatro, a una riunione o perfino a una conversazione.
Più gravi sono gli addormentamenti che possono avvenire mentre si è alla guida di un veicolo o si svolgono incarichi lavorativi con macchine di precisione o attrezzi complessi.
È stato ormai indiscutibilmente dimostrato che coloro che soffrono di apnee nel sonno hanno anche un rischio maggiore di andare incontro a ipertensione arteriosa sistemica, patologie ischemiche cardiache (infarto del miocardio), aritmie, ictus ischemico ed emorragico.
La terapia di questo disturbo del sonno si avvale di provvedimenti di tipo medico (dimagrimento, terapia ventilatoria) o chirurgico (disostruzione nasale, riduzione del palato molle e della base linguale, correzione delle deformità della mandibola).
L’applicazione della ventilazione a pressione positiva continua nelle vie aeree (CPAP) è al momento il trattamento più efficace nel migliorare le condizioni generali e la qualità di vita di chi soffre di apnee notturne.