Tic nervosi nei bambini

Strizzare di continuo gli occhi, corrugare la fronte, fare smorfie oppure scuotere del capo: sono i classici tic, impossibile non riconoscerli. Rapidi movimenti ripetuti con frequenza che possono, a seconda dei casi, far sorridere o comportare un leggero moto di irritazione.

I tic non passano inosservati, a maggior ragione se a essere interessati sono i bambini. La qual cosa manda spesso in ansia i genitori.

Il disturbo, secondo alcune ricerche, sembra sia presente soprattutto tra i più piccoli. Una ricerca ha infatti appurato che, in maniera più o meno marcata, ne soffre quasi il venti per cento dei bambini (con una preponderanza abbastanza netta dei maschietti).

La varietà dei possibili tic è piuttosto ampia, anche se gran parte di essi consiste in piccoli movimenti stereotipati che interessano gli occhi, il volto e, con frequenza progressivamente minore, le spalle, le braccia e altre parti del corpo.

Accanto ai tic motori sono peraltro abbastanza frequenti quelli vocali o fonetici, per cui alla fine si possono considerare quattro grandi categorie di tic.

Semplici Complessi
Tic motori Piccoli e brevi movimenti dei muscoli del viso o del corpo, come gli ammiccamenti o i corrugamenti della fronte Sono più lunghi e articolati, si sviluppano in vere e proprie azioni, come
saltare, tirarsi i capelli, battere i piedi, odorare un oggetto
Tic vocali Susseguirsi di colpi di tosse, fischi o altri suoni inarticolati Ripetizione di parole o addirittura di intere frasi

Spesso è una fase transitoria

Nella stragrande maggioranza dei casi, tuttavia, il problema si risolve da solo con la crescita.

All’origine della maggiore frequenza dei tic durante l’età scolare vi è probabilmente il fatto che per tutto questo periodo, le strutture cerebrali – e in particolare la corteccia motoria e i cosiddetti bulbi basali - sono ancora in piena maturazione, ed è quindi molto più facile che una serie di movimenti sfugga al controllo.

Una perdita di controllo che si presenta peraltro molto più facilmente quando sono presenti fattori di disagio psicologico.

Se dunque in genere il tic non costituisce una malattia, quando si presenta in modo frequente e prolungato può tuttavia finire per causare dolore o infiammazioni ai muscoli e alle strutture coinvolte. Oltre al fatto che può essere la spia di un disagio psicologico.

La riprova dell’importanza di questo fattore psicologico è dimostrata dal fatto che, quando si trovano in uno stato di stress (per esempio perché costretti in spazi ristretti o senza possibilità di adeguato movimento), anche gli animali domestici possono sviluppare dei tic.

Anzi, il nome stesso di questo disturbo deriva in modo onomatopeico proprio dal caratteristico rumore che il cavallo costretto troppo a lungo nel suo box produce mordendone la porta e continuando a deglutire.

Due componenti: neurologica e psicologica

Nel tic è stata riconosciuta una componente neurologica, la quale giustifica il fatto che sfugge al controllo volontario: può essere represso per un po’ di tempo, ma poi “esige” di essere soddisfatto.

E una componente psicologica, quella di un disagio che contribuisce ad abbassare la soglia del controllo del movimento.

Per questo motivo, secondo gli esperti, un atteggiamento di riprovazione nei confronti del tic, oltre che inutile, rischia di peggiorare la situazione, aumentando lo stress a cui è sottoposto il bambino.

Quando è il caso di preoccuparsi

In generale i tic che compaiono nei bambini tendono ad attenuarsi e a sparire nel giro di un anno. Può succedere al limite che si ripresentino in modo sporadico più in là negli anni,

Se il tic non sparisce oppure se la frequenza e l’intensità del disturbo arriva a interferire con le normali attività quotidiane allora bisogna fare più attenzione, perché invece che al cosiddetto disturbo transitorio, ci si potrebbe trovare o di fronte o a una conseguenza di una malattia.

I bambini che soffrono di tic cronici possono poi manifestare problemi di attenzione e concentrazione, a volte balbuzie.

Disturbi che possono a loro volta ripercuotersi non soltanto sul rendimento scolastico, ma anche sulla capacità di socializzazione, non da ultimo per il senso di vergogna che può accompagnarsi e al rifiuto dei compagni.

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